La vera teologia unisce – la teologia che divide è una ideologia
Wlodzimierz Redzioch intervista l’arcivescovo Gerhard Ludwig Müller, il nuovo capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, circa la teologia della liberazione
Dal 2 luglio 2012 la Congregazione per la Dottrina della Fede, il più importante Dicastero della Curia Romana, ha un nuovo prefetto: per la seconda volta nella storia recente della Chiesa è stato scelto un teologo tedesco, l'ex vescovo di Ratisbona, Gerhard Ludwig Müller, amico personale di Benedetto. Ma la scelta del Papa non è stata in alcun modo dettata da motivi personali: Vescovo Müller è stato nominato prefetto, perché è uno dei più grandi teologi della Chiesa, come dimostra chiaramente la sua carriera accademica.
Gerhard Ludwig Müller è nato il 31 dicembre 1947 a Mainz-Finthen in una famiglia operaia. Ha studiato teologia e filosofia a Magonza, Monaco di Baviera e Friburgo. Nel 1977 ha conseguito il dottorato in teologia e un anno dopo è stato ordinato sacerdote dal cardinale Herman Volk. Nel 1986 è stato chiamato alla cattedra di teologia dogmatica dell'Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera: aveva allora 38 anni ed è stato uno dei più giovani professori dell'Università. Inoltre insegnava come visiting professor presso le università in Perù, Spagna, Stati Uniti, India, Italia e Brasile. E’ autore di più di 400 pubblicazioni scientifiche, di cui il più noto è la monumentale “Dogmatica cattolica”. Papa Giovanni Paolo II lo ha nominato vescovo di Ratisbona nel 2002 (il suo motto episcopale è "Dominus Iesus").
Müller era già conosciuto in precedenza in Vaticano: negli anni 1998-2003 è stato membro della Commissione Teologica Internazionale, e ha lavorato presso il Consiglio per l'Unità dei Cristiani come un esperto di ecumenismo. Nel 2008, il Santo Padre gli ha chiesto di fondare l'Istituto di Papa Benedetto XVI, con sede a Ratisbona, di cui scope principale è la pubblicazione di "Opere complete di Joseph Ratzinger".
In alcuni ambienti cattolici la nomina del vescovo di Ratisbona come guardiano dell'ortodossia cattolica ha causato preoccupazione, perché è stato accusato di contatti con i rappresentanti della teologia della liberazione (amico di Padre Gustavo Gutierrez, con il quale ha anche scritto un libro "Dalla parte dei poveri. Teologia della Liberazione"). Eppure questa teologia è stata condannata da Papa Giovanni Paolo II e da l'ex Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, il cardinale Ratzinger. Pertanto, la teologia della liberazione è diventata l'argomento principale della nostra conversazione...
WŁODZIMIERZ RĘDZIOCH: – Lei da sacerdote e da vescovo è stato sempre molto sensibile ai valori di giustizia, solidarietà e dignità della persona. Come mai questo suo interesse per i problemi sociali?
ARCIVESCOVO GERHARD LUDWIG MÜLLER: – Io stesso vengo da Magonza. Nella mia città all’inizio del XIX secolo, c’è stato un grande vescovo, il barone Wilhelm Emmanuel von Ketteler, che fu un precursore della dottrina sociale della Chiesa. Io da bambino vivevo in questa atmosfera dell’impegno sociale. E non dobbiamo scordarci che se in Europa, dopo la seconda guerra mondiale e dopo le varie dittature, siamo riusciti a costruire una società democratica, questo lo dobbiamo anche alla dottrina sociale cattolica. Grazie al cristianesimo i valori come giustizia, solidarietà e dignità della persona sono stati introdotti nelle Costituzioni dei nostri Paesi.
– Guardando il suo curriculum si può constatare che ha avuto tanti rapporti con l’America Latina. Come è nato questo legame con la Chiesa latinoamericana?
– Per quindici anni mi recavo in America latina, in Perú, ma anche in altri Paesi. Vi trascorrevo sempre due o tre mesi l’anno, vivendo come vive la gente comune, cioè in condizioni molto semplici. All’inizio per un Europeo questo è difficile, ma quando s’impara a conoscere la gente di persona e si vede come vive, allora lo si può accettare. Un cristiano è a casa dovunque; dove c’è un altare, è presente Cristo; ovunque sei, fai parte della grande famiglia di Dio.
– Quando l’anno scorso Lei, Eccellenza, è stato nominato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, si sono sollevate le voci che La accusavano per gli stretti legami con padre Gustavo Gutiérrez, creatore della teologia della liberazione. Cosa potrebbe dirci a questo proposito?
– E’ vero che conosco bene p. Gustavo Gutiérrez. Nel 1988 sono stato invitato a partecipare a un seminario con lui. Ci sono andato con qualche riserva perché conoscevo bene le due dichiarazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede sulla teologia della liberazione pubblicate nel 1984 e nel 1986. Però ho potuto constatare che bisogna distinguere tra una teologia della liberazione sbagliata e una corretta. Ritengo che ogni buona teologia parta da Dio e dal Suo amore e abbia a che fare con la libertà e la gloria dei figli di Dio. Perciò la teologia cristiana, che parla della salvezza donata da Dio, non può essere mischiata con l’ideologia marxista che parla di un’auto-redenzione dell’uomo. L’antropologia marxista è completamente diversa dall’antropologia cristiana perché tratta l’uomo come privo di libertà e di dignità. Il comunismo parla della dittatura del proletariato, invece la buona teologia parla della libertà e dell’amore. Il comunismo, ma anche il capitalismo neoliberale, rifiutano la dimensione trascendentale dell’esistenza e si limitano all’orizzonte materiale della vita. Il capitalismo e il comunismo sono due facce della stessa moneta, la moneta falsa. Invece per costruire il regno di Dio la vera teologia della libertà attinge dalla Bibbia, dai Padri dall’insegnamento del Concilio Vaticano II.
– In certi ambienti la sua nomina a prefetto della Congregazione che si occupa della dottrina cattolica e recente elezione dell’arcivescovo di Buenos Aires a Vescovo di Roma sono stati visti come una vera rivincita della teologia della liberazione criticata da Giovanni Paolo II e dal card. Joseph Ratzinger. Cosa risponde a queste voci?
– Prima di tutto vorrei sottolineare che non c’è nessuna rottura tra il card. Ratzinger/Benedetto XVI e il Papa Francesco per quanto riguarda la teologia della liberazione. I documenti dell’allora Prefetto della Congregazione della Fede servivano per chiarire cosa bisognava evitare per rendere la teologia della liberazione l’autentica teologia della Chiesa. La mia nomina non significa che si apre un nuovo capitolo nei rapporti con tale teologia, ma è un segno di continuità.
– Benedetto XVI ricevendo il 7 dicembre 2009 un gruppo di vescovi del Brasile in visita ad limina apostolorum ha detto ”che valeva la pena ricordare che nell'agosto scorso sono stati commemorati i 25 anni dell'Istruzione “Libertatis nuntius” della Congregazione per la Dottrina della Fede, su alcuni aspetti della teologia della liberazione”. Parlando di tale teologia ha aggiunto, che “le sue conseguenze più o meno visibili fatte di ribellione, divisione, dissenso, offesa, anarchia, si fanno ancora sentire, creando nelle vostre comunità diocesane grande sofferenza e una grave perdita di forze vive”. Concorda con questa analisi del Pontefice delle conseguenze della teologia della liberazione?
– Questi aspetti negativi di cui parla Benedetto XVI sono il risultato della mal compresa e mal applicata teologia della liberazione. Non ci sarebbero stati questi fenomeni negativi se fosse applicata l’autentica teologia. Le differenze ideologiche creano le divisioni nella Chiesa. Ma questo succede anche in Europa dove ci sono per esempio dei cosiddetti cattolici progressisti e conservatori. Questo ricorda la situazione in Corinto dove c’era chi si riferiva a Paolo, c’era chi si riferiva a Pietro, gli altri invece a Cristo. Ma noi tutti dobbiamo essere uniti in Cristo, perché Dio unisce, il male divide. La teologia che crea le divisioni è piuttosto una ideologia. La vera teologia deve indirizzare a Dio allora non può creare le divisioni.
– Lei, Eccellenza, ricevendo nel 2008 il dottorato “honoris causa” presso la Pontificia Università Cattolica del Perù, ha condannato nel suo intervento “l’infamia della nostra epoca: il capitalismo neoliberale”. Il capitalismo neoliberale è una struttura del male?
– E’ difficile fare dei paragoni tra una struttura del male e un peccato personale, perché ogni peccato ha una dimensione sociale, essendo inserito in qualche “struttura”: famiglia, ambiente di lavoro, società, nazione. Il capitalismo neoliberale è una di quelle strutture del male del XIX e XX secolo che volevano eliminare i valori del cristianesimo. Ma, ripeto, dietro ogni struttura ci sono le persone che accettano i suoi principi, allora dietro qualsiasi struttura del male ci sono dei peccati personali.