ALL'ISOLA TIBERINA LE RELIQUIE DEI BEATI POLACCHI DEL SANTUARIO DEI MARTIRI DEL XX SECOLO

di Wlodzimierz Redzioch

Il Card. Kazimierz Nycz porta a Roma le reliquie di Karolina Kózkówna, Stanislaw Starowieyski e padre Jerzy Popieluszko

ROMA, giovedì, 18 ottobre 2012 (ZENIT.org) - La vicenda del Cristianesimo è una lunga storia di martirio che dura da venti secoli. Per i cristiani non ci sono i periodi “tranquilli”: in ogni epoca in qualche angolo della terra gli uomini e le donne venivano uccisi o perseguitati per il solo fatto di essere seguaci di Cristo o di voler vivere secondo il Vangelo. Il XX secolo ne è la prova lampante.

Giovanni Paolo II al Colosseo il 7 maggio nell’anno del Grande Giubileo 2000 disse: “L’esperienza della Seconda Guerra Mondiale e degli anni successivi mi ha portato a considerare con grata attenzione l’esempio luminoso di quanti,dai primi anni del Novecento sino alla sua fine, hanno provato la persecuzione, la violenza, la morte, per la loro fede e per il loro comportamento ispirato alla verità di Cristo. E sono tanti! La loro memoria non deve andare perduta, anzi va recuperata in maniera documentata”.

Per recuperare tale memoria il Papa polacco ha istituito la Commissione “Nuovi Martiri” auspicando il carattere ecumenico di tale ricerca perché convinto dell’importanza dell’”ecumenismo del martirio”. Negli anni 1999-2000 la Commissione voluta da Giovanni Paolo II aveva la sua sede negli ambienti attigui alla basilica di San Bartolomeo all’Isola nel cuore di Roma, che dal 1993 è affidata alla comunità di Sant’Egidio.

I risultati del lavoro erano impressionanti: in poco tempo la Commissione che ha raccolto più di 12 mila storie del martirio dei cristiani nel XX secolo. Per non lasciare queste testimonianze luminose della fede soltanto agli storici, il Papa ha voluto che la Basilica di San Bartolomeo – che già conservava le reliquie dell’Apostolo Bartolomeo e di sant’Adalberto di Praga, martire del X secolo, molto venerato in Polonia con il nome di “Wojciech”) – diventasse santuario di questi nuovi martiri. Il 12 ottobre 2002 ebbe luogo una solenne celebrazione ecumenica presieduta dal card. Camillo Ruini e dal Patriarca ortodosso romeno Teoctist, durante la quale sull’altare maggiore fu posta e benedetta una grande icona dei nuovi martiri.

Invece nelle cappelle laterali, tre da ogni lato, furono collocate “memorie” e croci dei “nuovi” martiri, secondo la “chiave” geografica o ideologica: nella prima cappella a destra si ricordano i testimoni della fede dell’Asia, dell’Oceania e del Medio Oriente; nella seconda, delle Americhe; nella terza, le vittime dei regimi comunisti. Invece le cappelle della navata sinistra sono dedicate ai testimoni della fede in Africa, la prima; in Spagna e Messico, la seconda; alle vittime del regime nazista, la terza.

Il pantheon dei martiri e testimoni cristiani all’Isola Tiberina si “arricchirà” delle reliquie di tre beati polacchi: il 19 ottobre alle ore 19,30 il card. Kazimierz Nycz, arcivescovo di Varsavia, nella solenne cerimonia consegnerà al rettore del santuario, padre Angelo Romano, le reliquie di Karolina Kózkówna, Stanisław Starowieyski e padre Jerzy Popiełuszko.

Ma chi sono questi martiri polacchi del XX secolo?

La beata Karolina Kózkówna, martire, “Maria Goretti polacca”, è patrona dei movimenti ed associazioni della gioventù polacca tra i quali l’Associazione Cattolica della Gioventù (Katolickie Stowarzyszenie Młodzieży). Nacque il 2 agosto 1898 a Wal-Ruda (diocesi di Tarnów), in una numerosa famiglia contadina. In tale ambiente familiare e rurale maturò la sua santità. Da giovane fu ben inserita nella vita parrocchiale del villaggio: insegnava il catechismo ai fratelli e sorelle ma anche ai ragazzi delle case vicine; inoltre assisteva anziani ed ammalati. Nel maggio 1914 ricevette il sacramento della cresima. Quell’anno scoppiò la prima guerra mondiale e l’armata russa invadeva il sud-est dell’odierna Polonia che da più di un secolo faceva parte dell’Impero Austro-ungarico.

I Russi occupavano anche il villaggio Wal-Ruda dove impunitamente giravano per le case, con il pretesto di cercare i soldati austriaci nascosti. In realtà rubavano o semplicemente si facevano dare da mangiare e da bere. Ma succedeva di peggio: la mattina del 18 novembre 1914 un soldato russo armato di pistola e piccola sciabola entrò nella casa di Karolina dove insieme con la ragazza si trovava anche suo padre e la sorella più piccola, Rozalia. Il soldato terrorizzò tutti e costrinse Karolina ad andare con lui “dal comandante”.

In realtà la trascinò nel vicino bosco dove venne aggredita. Con forza si oppose al tentativo di stupro e per questo venne brutalmente uccisa ad appena sedici anni. Il suo corpo fu ritrovato due settimane dopo, il 4 dicembre e sepolto nel cimitero della parrocchia. Malgrado la guerra che infuriava, ai suoi funerali vennero da tutti i villaggi vicini 3 mila persone: fu il primo segno di un culto della piccola martire che non cessò mai più. Il 18 giugno 1916 fu benedetto un monumento in sua memoria, invece nel bosco, il luogo del martirio, fu collocata una croce. Nel 1917 il corpo fu traslato dal cimitero alla tomba costruita vicino alla chiesa parrocchiale.

I vescovi di Tarnów, Jan Stepa e Jerzy Ablewicz, diedero inizio alla causa di beatificazione, che fu istruita nel 1965. Il 30 giugno 1986 fu approvato il decreto sul martirio di Karolina e il 10 giugno 1987 papa Giovanni Paolo II la dichiarò beata durante la sua visita a Tarnów. La Chiesa cattolica ne fa memoria nel giorno della morte, il 18 novembre: il 18 di ogni mese migliaia di persone si radunano sulla strada del suo martirio per pregare e chiedere delle grazie tramite la sua intercessione della beata Karolina. Con la sua vita e la sua morte Karolina parla prima di tutto ai giovani, parla della grande dignità della persona umana e della dignità del corpo.

Il martirio di Karolina Kózkówna è anche un simbolo della brutalità delle guerre degli ultimi tempi, le guerre che mietono più vittime tra i civili inermi che tra i combattenti, le guerre dove, cinicamente, i civili vengono usati anche come ostaggi, come scudi umani e le violenze sulle donne, gli stupri diventano un modo di combattere, come è successo in Bosnia e come succede oggi nello Zaire.

- Il beato Stanisław Starowieyski (1895-1941), discendente di una famiglia di proprietari terrieri impegnata nella vita cattolica e sociale, è un laico sposato (nel 1921 sposò la contessa Maria Szeptycka, da cui ebbe 6 figli), collaboratore di san Massimiliano Kolbe. Fervente attivista del laicato: fu tra i fondatori dell’Azione Cattolica in Polonia e suo primo presidente nella città di Lublino. Era noto per la sua devozione: frequentava quotidianamente la messa nella sua parrocchia e passava ore in ginocchio in adorazione davanti al grande crocifisso appeso nel suo studio. Si conservano i suoi appunti spirituali, frutto di una meditazione quotidiana.

Dopo l’invasione sovietica della Polonia orientale, nell’ottobre del ’39, Stanisław fu arrestato dai russi ma durante il trasporto riuscì a fuggire. L’anno successivo, 19 giugno 1940, venne arrestato di nuovo: questa volta dalla Gestapo hitleriana in quanto attivista cattolico e internato in campo di concentramento di Dachau, dove era compagno di baracca di Adam Kozłowiecki, poi cardinale. Ivi mori per malattie, pesanti lavori fisici e brutali pestaggi prima dell’alba del 13 aprile 1941, domenica di Resurrezione. Fu beatificato a Varsavia da Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 insieme ad altri 108 martiri polacchi della Seconda Guerra Mondiale.

Il beato Jerzy Popiełuszko nacque il 14 settembre 1947 a Okopy, piccolo villaggio nella Polonia nord-orientale, in una famiglia profondamente religiosa. Il clima di spiritualità creato dai suoi genitori, Marianna e Władysław, lo plasmò dall’infanzia e in questo clima maturò la sua vocazione sacerdotale. Perciò dopo la maturità entrò nel Seminario Maggiore di Varsavia ed iniziò a frequentare i corsi di filosofia e teologia. In quei tempi le autorità comuniste tentavano di creare degli ostacoli nella formazione dei seminaristi e cercavano i tutti i modi di indurli a rinunciare agli studi teologici. Prima di tutto facevano fare loro due anni di un duro servizio militare obbligatorio nelle unità speciali create appositamente per gli alunni dei seminari.

Per questo motivo all’inizio del secondo anno di studio Popiełuszko fu chiamato alle armi e svolse il servizio di leva negli anni 1966-68 a Bartoszyce. Questo cosiddetto servizio militare consisteva in inutili esercitazioni e in continui corsi politici di indottrinazione. Qualcuno non resisteva a queste vessazioni e crollava psicologicamente rinunciando al sacerdozio, ma questo non era caso di Popiełuszko. Per la sua fermezza fu sottoposto a molte vessazioni e persecuzioni, che incisero sul suo stato di salute.

Dopo l’ordinazione sacerdotale nel 1972, svolse il ministero pastorale in alcune parrocchie a Varsavia e nei dintorni. Nel 1979-80 condusse la catechesi per gli studenti di medicina nella chiesa universitaria di S. Anna a Varsavia. A causa della cagionevole salute, nel 1980 venne trasferito come residente presso la parrocchia di San Stanislao Kostka a Varsavia, dove tra l'altro prestò assistenza pastorale agli operai delle acciaierie della capitale. Erano i tempi dei grandi cambiamenti politici e sociali, i tempi del sindacato “Solidarność”.

Dopo la proclamazione della legge marziale (13 dicembre 1981), don Popiełuszko si impegnò nelle celebrazioni delle cosiddette “Messe per la patria”, che richiamavano le folle: il sacerdote attirava la gente grazie alla sua bontà, al suo atteggiamento verso gli altri, al suo modo di parlare e di celebrare l’Eucaristia. Nelle sue omelie don Popiełuszko da un lato smascherava tutta la falsità e l’ipocrisia del sistema comunista, dall’altro indicava ai cristiani come affrontare il totalitarismo: “Combatti il male con il bene”. Le sue “Messe per la Patria” divennero conosciute non soltanto a Varsavia ma anche in tutta la Polonia (ad esse partecipavano anche 15-20 mila persone) e perciò p. Jerzy divenne un “personaggio” conosciuto; conosciuto dalla gente e per questo scomodo per il regime.

All’inizio le autorità comuniste inscenarono nei suoi confronti un'intensa campagna di diffamazione e di repressione. Invece il 24 settembre 1984 i capi dei servizi segreti polacchi presero la decisione di chiudere definitivamente il “caso Popiełuszko”: il 19 ottobre p. Popiełuszko fu rapito, torturato e, legato, buttato nel fiume Vistola dai tre membri dei reparti speciali del Ministero degli Interni.

Ai suoi funerali, che si svolsero il 3 novembre 1984, presero parte una decina di vescovi, più di mille sacerdoti e un milione di fedeli. Il culto di Padre Popiełuszko iniziò praticamente da subito: la sua tomba presso la parrocchia di San Stanislao Kostka, nel quartiere Żoliborz, è diventata meta di un ininterrotto pellegrinaggio di fedeli (si calcola che dal 1985 ad oggi più di 20 milioni di persone hanno visitato il luogo della sepoltura del martire).

La tomba di don Popiełuszko è stata visitata da Giovanni Paolo II (14 giugno 1987) e da tantissimi personaggi, sia ecclesiastici, sia politici. Il card. Józef Glemp aprì la fase diocesana della causa della sua beatificazione nel 1997, invece ad ottobre 2008 l’arcivescovo di Varsavia Kazimierz Nycz ha portato al Santo Padre una copia della “Positio” insieme con una lettera postulatoria di tutto l’Episcopato polacco.

Il processo canonico si concluse con il decreto sull’autenticità del martirio del 19 dicembre 2009, emesso per la decisione del Sommo Pontefice Benedetto XVI. Il Servo di Dio Jerzy Popiełuszko, un sacerdote martire, ucciso in odio alla fede, fu elevato agli onori degli altari il 6 giugno 2010 a Varsavia.

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