“NESSUNO TOCCHI IL BAMBINO NON NATO”, PAROLA DI UN LAICO

INTERVISTA CON GIULIANO FERRARA, DIRETTORE DI “IL FOGLIO”, IDEATORE DELLA MORATORIA MONDIALE SULL’ABORTO

Il 18 dicembre nella sede delle Nazioni Unite veniva votata la moratoria sulla pena di morte. Il giorno dopo Giuliano Ferrara, direttore del grande giornale d’opinione italiano “Il Foglio”, lanciava la sua proposta di un'altra moratoria: quella sull’aborto. La sua proposta ha avuto una grande eco non soltanto in Italia ma anche in tutto il mondo. Un ex comunista ed ex sessantottino, con addosso l’etichetta di “ateo devoto”, ha scatenato intorno al dramma dell’aborto un dibattito che sembrava fino a poco tempo fa impossibile, tenendo conto della legittimazione che l’interruzione di gravidanza godeva e gode ancora nei larghi strati delle società occidentali.
Ho incontrato Ferrara nella redazione de “Il Foglio”, che si trova sul trafficato lungotevere nel centro di Roma, per parlare della “sua” moratoria e per farmi spiegare che cosa l’ha spinto a lanciarla.

Włodzimierz Rędzioch: - Come mai ha lanciato la proposta della moratoria sull’aborto?

Giuliano Ferrara: - Il 19 dicembre ho proposto la moratoria sull’aborto, che è semplicemente la denuncia dell’aborto come male e la mobilitazione della gente contro questo male. Quando mi chiedono a che titolo l’ho fatto, rispondo: perché sono un essere umano razionale. Il fatto che io sono stato comunista fino ai miei trent’anni, figlio di una famiglia comunista ed atea, il fatto che io sia della generazione che si è formata alla fine degli anni sessanta, il fatto che in modo ironico ed autoironico io mi definisca “ateo devoto”, non ha nessuna importanza. Importante che io sono un essere umano razionale, come chiunque altro. I credenti dicono che gli esseri umani razionali sono fatti ad immagine e somiglianza di Dio, i non credenti non comprendono attraverso la fede la natura profonda dell’uomo-creatura, però dobbiamo essere d’accordo che gli uomini sono dotati di ragione e di linguaggio. Allora, come essere umano razionale, io penso che l’aborto è un male e perciò va combattuto.

- Quando la cultura dominante dell’Occidente tenta di presentare l’aborto come una “conquista di civiltà”...

- L’aborto non è una conquista di civiltà. L’aborto è un male ed è un male che rende peggiore, più infelice, più disperata, più incapace di speranza la vita delle donne e degli uomini moderni. L’aborto è una violenza contro la vita, sia del nascituro, sia di sua madre, sia di suo padre e della società in generale. Bisogna quindi cercare di creare una controcultura sul tema dell’aborto.

- Perché?

- Trent’anni fa l’aborto è diventato legale in tutti i Paesi occidentali (nel mondo comunista ancora prima) attraverso la legislazione. Il problema è che l’aborto da legale è diventato legittimo, cioè è diventato un fatto moralmente indifferente. Noi conviviamo con l’aborto, come se l’aborto fosse un aspetto qualsiasi della libertà di scelta delle persone che non ha implicazioni e ricadute culturali, spirituali, civili e di costume sulla vita della società.

- Adesso certi ambienti radicali tentano di compiere - anche attraverso le Nazioni Unite - un passo successivo: far riconoscere l’aborto come diritto fondamentale dell’uomo...

- E’ vero, si rischia uno scivolone ulteriore di riconoscere l’aborto come il diritto di autodeterminazione assoluto.
Io non indago nella singola coscienza di una donna che rigetta la maternità, io non mi ergo da giudice, io non penso che si debba restaurare la persecuzione penale dell’aborto, non penso che si possa obbligare una donna a partorire, ma questo non acquieta la mia coscienza, non mi fa dire, che bisogna rassegnarsi all’aborto. Al contrario. Proprio perché esiste - entro certi limiti, definita dalle leggi in Occidente, ammessa da una sentenza negli USA - la libertà di scelta, la scelta deve essere per la vita e contro l’aborto moralmente indifferente. Tanto più, che in questi trent’anni - con il progresso della scienza, con la fecondazione in vitro (la creazione degli embrioni, cioè esseri viventi, fuori dal corpo della donna) e con le politiche demografiche di molti Stati asiatici, che incentivano l’aborto o in qualche caso lo rendono obbligatorio - l’aborto è diventato una drammatica sfida culturale al nostro senso d’umanità. Peggio dell’aborto, come rifiuto della maternità, c’è l’aborto eugenetico, come controllo delle nascite, che impedisce a decine di milioni di bambine di venire alla luce perché non sono utili alla vita della società o all’economia o alla trasmissione dell’eredità maschile, ecc.
Oggi, essere contro l’aborto vuol dire smascherare un’ideologia umanitaria e dei diritti umani ipocrita che ha giustamente votato in favore dell’abolizione della pena di morte in nome della sacralità della vita umana. Infatti, la pena di morte viene abolita sia quando è l’effetto della giustizia tribale o della sharia islamica, sia quando è l’effetto del giusto processo in cui le persone che hanno potuto difendersi sono state riconosciute colpevoli al di là di ogni ragionevole dubbio e condannate a morte. Allora, io dico: se centoquattro Paesi alle Nazioni Unite hanno ritenuto sacra la vita umana con la moratoria sulla pena di morte, tanto più devono prendere in considerazione il fatto che negli ultimi 30-40 anni sono stati effettuati nel mondo oltre 1 miliardo di aborti legali ed ogni anni si va dai 43 ai 50 milioni di aborti. In più, fuori dal corpo della donna cioè “in vitro”, si sta praticando la selezione eugenetica che sta sempre di più soppiantando la cura, quindi si assiste alla trasformazione della deontologia medica e della scienza medica che dovrebbe curare, in metodo di selezione. Questa è la logica neopagana che non ha niente a che fare con le radici cristiane della cultura europea ed occidentale, è una logica da rupe tarpea (la rupe nel centro dell’antica Roma dalla quale si facevano precipitare i condannati - W.R.), che va rifiutata in modo assoluto.
Tutti questi discorsi io tento di farli con grande umanità, senza colpevolizzarle le donne, senza criminalizzarle, senza avanzare argomenti moralmente ricattatori; però la chiarezza morale in tema di aborto non è censurabile. Non possono impedirci di parlare e di dire quello che pensiamo, alcuni in virtù di una forte fede, perché riconoscono il sacro in tutti suoi aspetti, altri come esseri umani razionali. Gli esseri umani razionali, che non hanno la visione nichilista e relativista del mondo e non pensano che tutto sia opinione, e che pensano che esista una verità, sulla verità del valore sacro della vita possono convergere ed identificarsi pienamente con i fedeli cristiani e coloro che credono.

- Parliamo dei contenuti: cosa chiede in concreto nella sua lettera al segretario generale dell’ONU Ban Ki-Moon?

- In concreto, noi chiediamo al segretario generale dell’ONU e ai capi di stato una cosa semplice: l’articolo 3 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, che fu firmata a Parigi il 10 dicembre 1948, esattamente 60 anni fa, dice questo: ogni individuo ha il diritto alla vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona. Noi pensiamo che si debba inserire all’articolo 3 questo emendamento: “Ogni individuo ha il diritto alla vita, dal concepimento fino alla morte naturale, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”. Non sarà facile ottenere questo emendamento, ma è una battaglia che vale una vita. In più, io penso che nel mondo d’oggi tante cose stiano cambiando, che ci sia una nuova aria e che il ricatto del conformismo e di certa ideologia stia diminuendo. Allora, il compito è difficile, ma non è impossibile. Il primo risultato sarebbe mettere fuori legge tutte le pratiche abortive di stati e di governi che tendono di fare dell’aborto un elemento della politica demografica, della contraccezione di massa, impedendo a milioni di bambine di nascere.

- La sua iniziativa per la moratoria sull’aborto è nata nel periodo particolare per la Chiesa segnato dalle festività di Natale del Bambino Gesù, della Sacra Famiglia, dei Santi Innocenti, della Madre di Dio, quando cioè tutto ruota intorno alla famiglia, alla maternità, ai figli... Come la Chiesa ha reagito alla sua proposta di moratoria lanciata proprio in quel preciso momento?

- Le reazioni nella Chiesa sono state straordinariamente belle, dal mio punto di vista, perché la Chiesa non ha tardato nemmeno un minuto a riprendersi la battaglia che è sua. Io non mi sento un battistrada, il battistrada è la Chiesa, il pensiero cristiano. C’è già nella lettera di Diogneto, uno dei primi documenti delle comunità cristiane, dove si diceva che la differenza tra i pagani e i cristiani era che i cristiani non gettavano via i feti. La Chiesa da duemila anni predica il valore sacro della vita. Evidentemente, io ho lanciato la mia idea in un momento di forte sensibilità e, perciò, si è creato un grande movimento di coscienze fatto da lettere al mio giornale e a tutti gli altri giornali. Il 31 dicembre il card. Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma, ha dato intervista al telegiornale in cui ha detto: “Mi sembra giusta la moratoria sull’aborto ed oltre alla moratoria, bisognerebbe correggere alcuni aspetti delle legislazioni sull’aborto”. Ovviamente, il card. Ruini è ostile in linea di principio alle leggi sull’aborto, però oggi dice che bisogna applicarle nella loro interezza. Le leggi sull’aborto non proclamano il diritto assoluto dell’autodeterminazione della donna, ma cercano di dare norme laiche (non per la coscienza dei credenti) nei casi in cui c’è un rifiuto della maternità.

- Per questo motivo tali leggi di solito si richiamano alla tutela della vita....

- Appunto, in Italia tale legge parla della tutela del valore sociale della maternità. Allora, il card. Ruini ha detto: “Vi prendiamo in parola”. Se dobbiamo difendere la vita, oggi la neonatologia, una scienza ormai molto avanzata, ci permette di salvare la vita di grandi prematuri, cioè bambini nati dopo la 22, 23 settimana di gestazione, che per un aborto spontaneo o terapeutico dovessero sopravvivere. Ruini si è pronunciato in tal senso; anche i ginecologi delle quattro università di Roma hanno preso la simile posizione. Invece trovo scandaloso che alcuni laicisti, scienziati e medici, abbiano detto che non si deve rianimare, nè curare un bambino piccolo nato prematuramente ma vivo, almeno che non ci sia il parere positivo dei genitori. Questo vuol dire passare dalla cultura abortista, che io rifiuto, alla cultura dell’infanticidio. La Chiesa poi, attraverso le parole del Papa al corpo diplomatico, le parole del card. Bagnasco, presidente della Conferenza Episcopale Italiana, e le parole del card. Lopez Trujillo, presidente del Pontifico Consiglio della Famiglia, ha abbracciato l’idea della moratoria. Lo hanno fatto anche tanti vescovi e tanti sacerdoti, che ci hanno scritto. Ma, volevo aggiungere che la Chiesa ha abbracciato l’idea della moratoria con fervore, ma con la sua sapienza, cioè senza alzare la voce, tentando di persuadere ed andando verso l’interlocutore, senza assumere atteggiamenti censori.

- Intanto, quali sono le reazioni alla sua iniziativa nel mondo a Lei più affine, cioè laico e liberale?

- Nel mondo laico, nel mio mondo, c’erano tre tipi di reazioni: la prima quella vergognosa di chi distorce quello che tu dici, ha paura di confronto ed inizia la crociata contro la persona, invece della discussione delle idee. Purtroppo, era una reazione diffusa dettata anche dallo stato di panico in cui è entrato il mondo laico, perché l’idea di vedere nascere un movimento antiabortista dal suo interno, lo ha messo in uno stato di grave disagio esistenziale, culturale e psicologico; l’ha subito come un attacco alla sua identità. Poi, ci sono persone che tentano un dialogo, ma non ce la fanno fino in fondo; accettano la verità cioè il fatto che l’aborto è la cancellazione di qualcosa di vitale, ma sono legati all’idea che questo riconoscimento debba restare senza conseguenze, perché soltanto la donna incinta ha il potere finale in questa materia. Non vogliono che questa questione oggettiva esca al di fuori della coscienza della singola persona.

- La interrompo per chiederLe perché le donne in Occidente abortiscono ancora?

- La grande maggioranza delle donne abortiscono perché non hanno soldi per mantenere i figli, perché sentono il rifiuto fisiologico della maternità legato alla loro solitudine: non hanno l’appoggio di un partner maschio che le lascia sole; non vogliono confessare o ritengono una cattiva azione un figlio prima o fuori del matrimonio. Generalmente non esiste un rifiuto di maternità nudo e crudo. Sì, ci sono le donne che abortiscono per facilismo, perché pensano che nessuno debba ostacolare la loro carriera, che tutto debba essere rinviato. Si passa dal sesso senza figli ai figli senza sesso, cioè si fa sesso senza fare figli e senza ammettere la possibilità di farne fino all’età tarda, e dopo si vuole avere figli senza fare sesso, con tutte le tecniche possibili, compreso l’utero in affitto.
Tornando alle reazione del mondo laico, vorrei parlare della terza categorie delle persone: la gente che ha innescato un vero dialogo: alcune femministe cattoliche ed alcuni settori del mondo laico più aperti. Si tratta di una minoranza, ma io conto molto su di loro, perché questo dibattito culturale vada avanti e vengano sconfitte le posizioni estremiste, radicali.

- Cosa dovrebbe fare un nostro lettore per appoggiare la moratoria sull’aborto?

- Per appoggiare la moratoria è semplicissimo: bisogna formare nel luogo di lavoro, nella scuola dove si studia, nella parrocchia, dentro i movimenti, etc. i comitati per la moratoria. Sui vari siti si trova la lettera al segretario generale dell’ONU sulla moratoria in varie lingue, bisogna farla firmare e spedire alle Nazioni Unite; bisogna mettersi in contatto con deputati, politici, leader sindacali per discutere con loro di questa proposta; bisogna promuovere come eroi del nostro tempo coloro che nei centri di aiuto alla vita sono in contatto con le donne incinte per aiutale materialmente, psicologicamente e spiritualmente.

- Alla fine della nostra conversazione, vorrei ringraziarLa per aver riuscito ad innescare, anche negli ambienti laicali, un grande dibattito sull’aborto. La Chiesa, i cattolici e i movimenti pro-life non sempre riescono a farlo perché vengono ignorati, zittiti o sommersi di critiche, come se la difesa della vita fosse un fatto “confessionale”, e perciò nel mondo “moderno” considerato irrilevante. Grazie.

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