Primo Papa sulla rocca de La Verna
Włodzimierz Rędzioch intervista p. Eugenio Barelli, già guardiano del santuario di La Verna
Il 17 settembre 1993 Giovanni Paolo II come primo papa nella storia è salito sul monte dove san Francesco ricevette le stimmate. Questo gesto del Papa venuto dalla Polonia mostra quale importanza aveva per lui il Poverello d’Assisi che con la sua stessa esistenza “annunciò e continua ad annunciare anche oggi la parola salvatrice del Vangelo”. Secondo Giovanni Paolo II “le stimmate che Francesco ricevette in questo luogo, La Verna, costituiscono un segno particolare. Sono l’intima testimonianza della verità del Poverello. Esso si presenta a noi come colui che in modo autentico e profondo ‘si vantava della croce di Cristo’. Non di ‘qualcos’altro’; solamente ‘della croce del Signore nostro Gesù Cristo’. Un segno di somiglianza in virtù dell’amore. Lo dice l’apostolo Paolo e lo ripete Francesco di Assisi: per mezzo della croce di Cristo e grazie alla forza dell’amore”. San Francesco – come ha sottolineato il Papa – ha reso e continua a rendere testimonianza anche ai nostri giorni all’amore sconfinato di Gesù, perciò venire a La Verna significa “confermarci, ancora una volta, nella convinzione che l’Amore è più grande di ogni forza negativa” (citazioni dall’omelia pronunciata durante la Messa nel Santuario).
Per ricordare la storica visita di Giovanni Poalo II anch’io sono salito sulla montagna de La Verna per parlare con il guardiano di allora del santuario, padre Eugenio Barelli. Un anziano frate mi accoglie con un gran sorriso nel luogo dove il 14 settembre del 1224 san Francesco ricevette le stimmate del Crocifisso. Questo livornese è entrato nell’ordine francescano abbastanza tardi, a 29 anni anche se la sua famiglia era di spiritualità francescana e legata alla Chiesa: la sorella di sua nonna, Armida Barelli, insieme con p. Agostino Gemelli, ha fondato l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Suo fratello gemello sentì per primo la vocazione e divenne frate francescano nella provincia di Benevento. Ma siccome la famiglia Barelli era numerosa e senza il padre che morì giovane, Eugenio, dopo la partenza del fratello, dovette occuparsi del suo mantenimento. Lo stipendio dell’impiegato della banca non bastava allora seguì le orme del padre occupandosi del commercio dell’olio d’oliva: girava per il mondo per acquistare l’olio per le grandi ditte ligure. E proprio in questi viaggi conobbe p. Pio e si confessò qualche volta da lui. Quando finalmente i suoi fratelli furono sistemati, la sua vocazione si fece più chiara e il suo padre spirituale lo incoraggiò ad entrare in un ordine. Eugenio ne parlò con p. Pio due volte dopo le confessioni che gli disse: “Fallo presto”: la seconda volta lo benedisse chiamandolo “figliolo”. E così Eugenio Barelli decise di diventare francescano. Dopo gli studi di filosofia e teologia nelle scuole francescane è stato impegnato nel campo della formazione. Nel 1973 è stato nominato guardiano del Santuario delle Stimmate ed è stato lui a accogliere Giovanni Paolo II a La Verna. Oggi fa la vita quasi eremitica nel romitorio dell’antico monastero che si trova sopra la cappella delle Stimmate ma ha avuto il premesso d’incontrarmi per ricordare la storica visita del Papa.
Włodzimierz Rędzioch: - Quando per la prima volta ha sentito parlare del card. Karol Wojtyła?
P. Eugenio Barelli: - Quando sono diventato guardiano del convento nel 1973, il precedente guardiano mi ha parlato della visita nel nostro santuario dell’Arcivescovo di Cracovia, card. Wojtyła nel 1971 che ha voluto celebrare qui il suo XXV anniversario del sacerdozio e dormire in una cella del convento.
- Nel 1978, nel secondo conclave viene eletto Papa il cardinale che ha visitato il vostro santuario. E la seconda visita in Italia da Pontefice Giovanni Paolo II ha voluto compiere ad Assisi di san Francesco (la prima è stata una breve visita al santuario mariano della Mentorella). Che cosa ha pensato di quel nuovo Papa che si mostrava così “francescano”?
- Io non lo conoscevo allora mi sono messo ad approfondire il suo pensiero perché era qualche cosa di nuovo. Ma la prima cosa che mi colpiva era il mondo con cui viveva quello che diceva e pensava. Mi ha colpito particolarmente la sua Esortazione Apostolica “Redemptionis donum” rivolta ai religiosi e alle religiose circa la loro consacrazione alla luce del mistero della redenzione. L’impostazione di quella Esortazione assomiglia all’impostazione che san Francesco dà alla regola sua che parte dalla storia di giovane ricco. Ma la cosa più dirompente era per me la sua constatazione che la vita consacrata non è di istituzione ecclesiastica ma divina. Allora fa parte costitutiva della Chiesa. Non ci può essere Chiesa senza la vita consacrata. Mi colpiva la profondità del pensiero che veniva non soltanto dagli studi ma dall’esperienza vissuta, dalla conoscenza mistica. E, secondo me, la sua conoscenza mistica veniva dal grande dono della vita contemplativa.
- Si aspettava la visita del Papa a La Verna?
- Nei dintorni di La Verna, a Pieve Santo Stefano, è nato un importante teologo, grande conoscitore del Concilio Vaticano I, padre francescano Umberto Betti, che nel 2007 Papa Ratzinger ha voluto cardinale. Per quattro anni (1991-1995) è stato rettore della Pontificia Università Lateranense e pranzava spesso con Giovanni Paolo II che lo chiamava “magnifico rettore” invece della formula ufficiale “rettore magnifico”. In un certo momento padre Betti ha chiesto a Giovanni Paolo II di poter tornare a La Verna per fare il frate. Il Papa gli ha risposto: “Lei vada pure a La Verna, ma dovrebbe essere disponibile per tutte le necessità”. E così è stato. Un giorno p. Betti mi ha detto – ero allora di nuovo il guardiano - che bisogna far venire qui Giovanni Paolo II. Noi abbiamo cominciato tutte le procedure ufficiali ma io sono convinto che il Papa stesso desiderava venire a La Verna. È già venuto qui due volte da cardinale, poi voleva venire nel 1992 ma non ha potuto per motivi di salute. Finalmente è venuto il 17 settembre 1993.
- Come si è svolta la visita?
- Il Papa è arrivato in elicottero ma a causa del brutto tempo non poteva atterrare da noi ma è atterrato sul campo sportivo di Chitignano e viene portato al santuario in macchina. Come guardiano sono stato io ad accoglierlo ed accompagnarlo nella sua stanza. Dopo c’era una celebrazione eucaristica e la processione con il sangue di san Francesco alla Cappella delle Stimmate dove il Papa si è messo a pregare intensamente in piedi. Successivamente ha firmato sull’altare la sua preghiera rivolta a san Francesco e di nuovo ha ricominciato a pregare, questa volta sul cuscino messo per terra, vicino alla roccia delle stimmate: una pregheria così intensa che il Papa è diventato come assente. Poi si è fermato per contemplare l’abito di san Francesco che abbiamo sistemato vicino alla cappella (oggi si trova nella basilica). Di ritorno, ho detto al Papa che l’abbiamo sistemato nella stanza vicino alla cappellina della vecchia infermeria. Allora lui ha voluto visitarla. Siamo entrati, lui si mise a pregare. Passava molto tempo e lui pregava, pregava. Gli stando vicino, ho capito che lui “parti”, divenne assente immerso nella preghiera. In quella piccola cappella si avvertiva qualcosa di soprannaturale, è stata un’esperienza mistica e non è, mi creda, un discorso emotivo. Giovanni Paolo II mi fece allora una grande impressione. In un certo momento è entrato il segretario, don Stanislao, ha sussurrato qualche cosa al Papa che si è alzato per andare al refettorio dove lo stavano aspettando da tempo per il pranzo. A pranzare con il Papa c’erano soltanto i vescovi toscani e i frati. Alla fine, ho chiesto a Giovanni Paolo II di dire una parola. E lui, parlano a braccio, ha pronunciato la frase memorabili: “In questo luogo privilegiato è nato non soltanto il francescanesimo, ma è nato di nuovo il cristianesimo”. Questa frase era così “forte” che sono andato da p. Lombardi per chiedere l’autorizzazione per pubblicarla.
Parlando nel refettorio il Papa ha ricordato anche la sua visita sul Monte delle Croci in Lituania, che ha chiamato “santuario di un popolo” paragonandolo al santuario di La Verna: lì si trattavo del mistero della croce di un popolo, qui lo stesso mistero di una persona, Francesco. Ha detto anche che tutto il mondo, soprattutto l’Europa secolarizzata, dovrebbe pellegrinare a questi santuari.
- Che cosa si ricorda di più di questa visita?
- Prima di tutto le sue parole sulla centralità di Cristo crocifisso. Il Papa diceva che se si toglie la croce l’uomo è distrutto. Diceva che Cristo è entrato nella coscienza dell’umanità tramite la croce e così anche san Francesco. Ma io avevo l’impressione che pensava anche a sé stesso perché un giorno, dopo la rottura della gamba, disse che voleva parlare all’umanità con il Vangelo della sofferenza.
- Quale messaggio Giovanni Paolo II ha lasciato a voi, seguaci di san Francesco?
- Ai francescani il Papa ha indicato un chiaro compito di vita e di missione dicendo: “Nella società attuale, tra tanti fenomeni di segno diverso, emerge in modo sempre più chiaro un bisogno reale di verità, di essenzialità e di autentica esperienza di Dio. A voi spetta il compito di additare anche ai nostri contemporanei, in atteggiamento di fraternità universale, la risposta appagante a tali attese”. Invece a noi del Santuario ha detto: “Carissimi Frati di La Verna, spetta a voi il compito di mantenere viva in questo luogo la presenza di san Francesco, affinché chi sale quassù possa ritrovare nella sua autenticità quel mistero della configurazione a Cristo crocifisso che, nel settembre 1224, proprio qui si compì mediante il dono delle stimmate”. Ci sforziamo di eseguire tale missione.
Le stimmate del Poverello d’Assisi
L’Umbria, la terra di Francesco d’Assisi, e la vicina Toscana sono piene dei luoghi legati alla vita del Poverello. Tra tali luoghi frequentati ed amati da lui c’era la montagna negli Appennini Tosco-Emiliani, nel territorio aretino, odierna La Verna. Francesco amava questo luogo isolato e solitario che nel 1213 gli fu donato dal Conte Orlando, proprietario del territorio. Con il passare del tempo i frati costruirono qui una cappella dedicata a Santa Maria degli Angioli e delle semplici capanne dove fermarsi. Francesco salì a La Verna anche nell’estate del 1224 perché voleva celebrarvi qui la festa dell’Assunta e, successivamente, prepararsi alla festa di San Michele Arcangelo (29 settembre). Per lui furono i giorni di digiuno ed intensa preghiera in solitudine; in modo particolare contemplava Gesù Crocifisso. Il 14 settembre, festa dell’Esaltazione della Croce, il Poverello chiese al Signore il dono delle stimmate per poter sentire anche nel suo corpo il dolore di Gesù durante la Passione, il dolore del Figlio di Dio offerto per i peccati del mondo. Il suo desiderio fu esaudito: sul suo corpo sono apparsi i segni dei chiodi e della lancia che ha trafitto il costato di Gesù Crocifisso. Oggi sulla roccia del miracolo si trova la Cappella delle Stimmate, che fa parte del santuario La Verna, custodito dai figli di san Francesco, luogo di pellegrinaggio di numerosi fedeli da tutto il mondo.