Intervista con Sua Ecc. Mons. Bashar Matti Warda, C.SS.R., arcivescovo caldeo di Erbil (Iraq)

17 settembre si è svolta nel Vaticano la riunione dedicata alla crisi umanitaria in Siria e Iraq. E’ stata organizzata dal Pontificio Consiglio “Cor Unum” e Caritas Internationalis in collaborazione con le organizzazioni caritative cattoliche che operano in Medio Oriente, tra cui Aiuto alla Chiesa che Soffre, e comunità cristiane locali. Al vertice vaticano sono state analizzate le attività umanitarie in corso nella regione e sono state preparate le nuove strategie per fare sì che l’aiuto raggiunga i più bisognosi e venga distribuito il più rapidamente possibile. Tutti hanno sottolineato la necessità di una più stretta collaborazione tra le Caritas nazionali, le diocesi locali, parrocchie e comunità religiose con le organizzazioni caritative internazionali.
Tra gli ospiti invitati al vertice era Bashar Matti Warda, C.Ss.R., arcivescovo caldeo di Erbil. Erbil è una città nel Kurdistan iracheno con più di un milione di abitanti, una delle più antiche città del mondo, perché è abitata da circa 8.000 anni. Curdi in quella regione nord-orientale dell'Iraq, sono riusciti ad ottenere un'ampia autonomia: hanno il proprio parlamento e il governo. La città è abitata anche da molti cristiani, compresi quelli che hanno cercato rifugio qui, quando lo Stato Islamico ha conquistato Mosul e la Piana di Ninive. Con l’Arcivescovo Warda ho parlato della situazione dei cristiani nella regione.

Włodzimierz Rędzioch: - Un anno fa, i primi di agosto, l’ISIS cacciava 120 mila cristiani da Mosul e dalla piana di Ninive nel nord dell’Iraq. Una parte di loro ha trovato rifugio nella sua città, Erbil. Potrebbe ricordarci questi fatti? Mons. Bashar Matti Warda

- Si, mi ricordo bene quei fatti. Erano le sette di sera del 7 agosto quando la prima ondata di profughi è arrivata alla cattedrale di san Giuseppe dove vivo. In quattro, cinque ore avevamo già 620 famiglie ad Erbil e ho fatto aprire tutte le chiese per ospitarle. Il giorno successivo abbiamo aperto delle scuole e altri edifici. In una settimana 700 famiglie erano ospitate da noi. E stata una cosa terribile.

- Come è la situazione dei cristiani oggi in Erbil, cioè nel Kurdistan iracheno?

- L'anno scorso avevamo 13.600 famiglie, di cui 3 mila, sfortunatamente, hanno lasciato Erbil. Queste famiglie alloggiano nelle case affittate dalla Chiesa e nei camper. Altre hanno affittato case per conto proprio. La situazione è migliore dell'anno scorso: nessuno più sta nelle tende, forniamo cibo ogni mese, c'è il servizio sanitario, funzionano le scuole. Fortunatamente, l'ISIS non avanza in questa direzione: l’esercito iracheno e i peshmerga hanno bloccato l'ISIS e, in certi casi, hanno recuperato qualche villaggio. Ma rimane sempre il timore che qualche cosa potrà succedere.

- Lei ha incontrato in Vaticano i rappresentanti delle istituzioni e degli organismi cattolici che aiutano i cristiani in Medio Oriente. Chi vi da l’aiuto?

- La Chiesa è l'unica che ci dia aiuto, il governo curdo facilita tale aiuto e ci sostiene ma, a causa della crisi economica, non è in grado di aiutarci direttamente. Invece i singoli Paesi danno i fondi ai loro ONG e agenzie. Anche la comunità caldea nel mondo ha risposto con grande generosità.

- E’ sufficiente l’aiuto che ricevete?

- E' sufficiente. Ma ci vorrebbe l'aiuto e la cura di uno stato. Ovviamente, la nostra gente non è trascurata e c'è grande senso di solidarietà. Ma vorrei dire che per noi un grande aiuto è di non scordare di noi, di mantenere viva la coscienza della nostra situazione. Questo è anche il ruolo della diplomazia della Santa Sede: il Papa ricorda sempre al mondo che ci sono le persone che soffrono a causa della loro fede.

- Lei è in questi giorni in Europa che vede centinaia di migliaia di migranti dalla Siria ed dall’Iraq sbarcare nel Vecchio Continente. La maggior parte sono musulmani. Nasce la domanda: perché non cercano riparo dai loro confratelli di fede, sunniti come loro, nei Paesi del Golfo e nell’Arabia Saudita?

- Perché non tutti sunniti vanno dai loro fratelli in fede ma in Europa, bisognerebbe chiederlo a loro. In ogni caso, l'Arabia Saudita sostiene che ha accolto 2 milioni di Siriani, ma è facile dare qualsiasi cifra. Ma bisogna ricordare che la crisi siriana ha colpito 12 milioni di persone! Tutti sono colpiti: sunniti, alawiti, cristiani.

- In Occidente, per non essere accusati di islamofobia, si parla genericamente delle persecuzioni delle minoranza, per negare un ovvio fatto che i cristiani sono il gruppo più perseguitato da tutte le fazioni islamiche in campo. Non bisogna dare la priorità nell’accoglienza ai rifugiati cristiani che per di più non creano problemi con il loro inserimento nella società?

- Vorrei precisare una cosa: i cristiani sono oggetto di persecuzioni, pulizia religiosa e genocidio. Dove domina l'ISIS ogni cristiano ha tre alternative: cambiare la religione, pagare la tassa ai musulmani o partire. Allora i cristiani sono i più perseguitati di tutti e l'Europa dovrebbe tenerne conto con tutte le conseguenze di questo fatto.

- In Svezia, in una delle strutture di accoglienza per i rifugiati, è successo un fatto gravissimo: i musulmani hanno vietato ai cristiani di pregare, dicendo che dove pregano gli islamici loro non possono farlo. In questo modo hanno costretto i profughi cristiani ad abbandonare il centro. Lei, Eccellenza, una volta ha detto: “Non è un segreto che l’odio delle minoranze si è intensificato negli ultimi anni. E’ difficile capire questo odio. Noi siamo odiati perché ci ostiniamo ad esistere come Cristiani”. Questi fatti non dovrebbero essere un campanello d’allarme per l’Europa che vuole concedere l’accoglienza anche alle persone che non si integreranno mai nelle nostre società perché odiano il cristianesimo e la cultura occidentale, ma prima di tutto sono convinte della superiorità dell’islam, secondo loro “l’unica vera religione”?

- Non è l'unico caso di persecuzione dei migranti cristiani da parte dei musulmani che vanno in Europa. Vorrei citarne un altro: è successo che i rifugiati musulmani hanno buttato a mare dalla barca i cristiani che viaggiavano con loro. Questi fatti dovrebbero costringere i governi europei a rivedere la loro politica di integrazione. Certi dicono che tutto dipende dall'educazione. Ma tra la gente che è contro i cristiani ci sono anche i musulmani educati, educati in un certo modo. E dopo di tutto, non ci illudiamo: per certi questa massiccia emigrazione in Europa è un'occasione per espandere l'islam. Non dobbiamo negare questo fatto. Nell'educazione musulmana si insegna che bisogna espandere l’islam, allora i musulmani che vengono qui sono convinti che loro arrivano in una Europa cristiana ed hanno una tale missione. Non tutti lo dicono perché non vogliono spaventare la gente davanti all'islam. Ma noi dobbiamo confrontarsi con i musulmani per aiutarli di riscoprire una nuova realtà come quella europea.

- Eccellenza, mi permetta di citare un sacerdote cattolico che vive in un Paese musulmano. Quando gli dicevo che tanti europei, per solidarietà umana, accoglie i profughi come fratelli, mi ha risposto: "Si, tutti siamo fratelli, ma non vi dimenticate che certi fratelli sono i nostri peggiori nemici".

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