GLI ANGELI CUSTODI DEI PAPI HANNO UN NUOVO CAPO

Christoph Graf – 35°comandante della Guardia Svizzera Pontificia
Di Włodzimierz Rędzioch

Il 31 gennaio il colonnello Rudolf Anrig ha terminato il suo mandato di comandante della Guardia Svizzera Pontificia. Al suo posto Papa Francesco ha nominato Christoph Graf, fino adessoVice-Comandante. Graf ha 53 anni ed è originario di Pfaffnau nel cantone di Lucerna. In servizio dei Papi dal 1987 quando ha cominciato il suo servizio da semplice alabardiere. Nei 28 anni di servizio ha scalato tutti i gradi della Guardia – istruttore, sergente maggiore, Vice-Comandante - per arrivare al prestigioso posto di Comandante col grado di colonnello. E’ diventato un volto conosciuto della Guardia del Papa anche perché è stato proprio lui che per tanti anni teneva la bandiera del Corpo durante la solenne cerimonia del giuramento delle nuove reclute.

In occasione della sua nomina a Comandante, il col. Graf ha voluto ricordare gli anni passati in Vaticano in una amichevole conversazione.

WŁODZIMIERZ RĘDZIOCH: – Come mai un giovane svizzero nato nel paese di Pfaffnau decide di entrare nella Guardia Svizzera Pontificia? Era una tradizione di famiglia?

COLONNELLO CHRISTOPH GRAF: – Servire nella Guardia Svizzera non è una tradizione di famiglia. Era una mia scelta personale. A 25 anni lavoravo alle Poste Svizzere vicino casa mia. Un giorno ho pensato: “Ma devo fare questa vita da impiegato altri 40 anni? Devo rassegnarmi alla quotidianità?” Allora mi sono detto che dovevo affrontare altre sfide.Una volta avevo visitato a Lucerna una mostra sulla Guardia Svizzera. Lì ho preso un depliant che rimaneva sempre sulla mia scrivania. Un giorno rivedendolo mi sono chiesto: “Magari questa è la sfida che dovrei affrontare?” E così ho deciso di fare la domanda per entrare nella Guardia. Sono rimasto sorpreso quando ho saputo che la mia domanda era stata accettata: il 2 marzo 1987 sono arrivato a Roma per cominciare il mio servizio.

– La sua vita è cambiata radicalmente: dalla tranquillità di unpaese svizzero al caos di Roma e la vita intensa in Vaticano…

– E’ vero. Io vivevo praticamente in campagna. Mi piaceva la natura, andavo spesso in montagna a fare delle camminate (amo le montagne svizzere). Allora il cambiamento era radicale ma dall’inizio mi sono trovato bene.

– Non le pesava la vita di rigore militare in caserma?

– A me no. Mi sono abituato a questo tipo di vita anche durante il servizio militare. Mi accontentavo a quello che la vita mi dava.

– Ha cominciato il suo servizio in Vaticano durante il grande pontificato di Giovanni Paolo II.. Chi è per lei Giovanni Paolo II, oggi santo?

– Giovanni Paolo II è il mio Papa. Ho servito questo grande Papa per 18 anni, con lui sono cresciuto come uomo e come credente. Giovanni Paolo II era un uomo di forte fede e di preghiera. Grazie a lui anch’io ho cominciato a pregare di più. Io, vedendolo da vicino, lo ammiravo per come affrontava tutti gli impegni che aveva, gli impegni continui, anche di domenica, senza riposarsi. Era un esempio per tutti i cristiani, anche per me.

– Parlando della fede vorrei sapere se nella scelta dei giovani svizzeri di servire il Papa conta anche l’aspetto religioso, la fede appunto?

– Questo era il mio caso: io vengo da una famiglia cattolica praticante. I miei genitori mi hanno trasmesso la fede. Noi andavamo regolarmente alla Messa: da giovane andavo in chiesa quasi ogni giorno prima di andare a scuola, mi sentivo di farlo, non era per me un obbligo. Allora, entrare nella Guardia Svizzera significava per me anche servire il Papa e la Chiesa.
Per una guardia pontificia avere fede è una cosa importante. Quando fai il servizio di notte, sei ore da solo su un posto, che è un sacrificio, allora ti chiedi: Perché faccio questo? Per il Papa, per la Chiesa, ma se hai la fede credi che questo sia anche il servizio per il Signore.

– Tornando a Giovanni Paolo II. Qual era per lei il momento più importante del suo pontificato?

– Una cosa bella e commovente era il mio primo incontro con il Papa nella Sala Regia dopo la santa Messa celebrata da lui nella Cappella Paolina. Invece la cosa più triste era sicuramente la sua malattia e la morte.

– Nel 2005 è cominciato il pontificato di Benedetto XVI, il Papa di lingua e cultura tedesca. Le guardie di lingua tedesca lo sentivano più vicino per questo motivo?

– Noi l’abbiamo conosciuto come cardinale e avevamo un buon rapporto con lui. Per questo motivo eravamo felici quando è stato eletto al conclave dopo la morte di Giovanni Paolo II. Lo sentivamo uno dei nostri: noi, svizzeri, come cultura e mentalità ci sentiamo molto vicini ai bavaresi.

– Tutto è cambiato con Papa Francesco. La sua spontaneità crea un po’ di preoccupazioni per la gente che deve proteggerlo…

– Sotto il pontificato di Benedetto XVI tutto era programmato e la sua giornata organizzata in modo preciso. Papa Francesco è molto spontaneo.

– Allora anche imprevedibile…

– E’ vero e questo diventa una sfida per noi che dobbiamo proteggerlo. Prima di tutto dobbiamo abituarci ai bagni di folla perché il Papa non vuole rinunciare al contatto con la gente. In un periodo come questo che viviamo oggi è un problema e una vera sfida.

– Come è cambiato il vostro lavoro con Francesco che abita nella Casa di Santa Marta?

– In questo modo si sono creati nuovi posti di servizio a Santa Marta, ma con la riduzione del servizio nel Palazzo Apostolico siamo riusciti a riorganizzare tutto.

– Lei è diventato il nuovo comandante della Guardia Svizzera, il 35° nella storia del Corpo, in un momento delicato: nei mesi scorsi si sono sentite le critiche verso il precedente comandante per l’eccessivo autoritarismo, dopo circolavano le voci che Papa Francesco volesse addirittura sciogliere la Guardia, senza parlare delle presunte tensioni con la Gendarmeria Vaticana. In questo modo intorno alla Guardia Svizzera si è creata un’atmosfera pesante. Lei, da nuovo comandante, cosa ne pensa?

– Prima di tutto vorrei dire che si tratta delle chiacchiere. Sono voci senza fondamento. Il mio predecessore doveva andare via perché ha fatto i suoi 5 anni previsti; è rimasto un anno e mezzo in più, e poi il Papa ha deciso di cambiare. Insomma, si trattava di un avvicendamento normale. La stessa cosa con le false notizie dello scioglimento: Francesco stima e vuole bene alle Guardie Svizzere e non ha mai pensato di sciogliere il nostro Corpo. Per quanto riguarda la Gendarmeria Vaticano possiamo parlare di una ottima collaborazione. Io conosco bene il comandante Giani con cui ho fatto tanti viaggi papali insieme. Con lui c’è un rapporto amichevole e questo aiuta anche a collaborare bene. Le notizie della presunta rivalità tra due Corpi non hanno nessun fondamento.

– Lei conosce bene la vita delle guardie: ha cominciato il suo servizio da semplice alabardiere per arrivare ai posti di comando. Adesso da comandante cosa vorrebbe cambiare per migliorare la vita dei giovani svizzeri che servono il Papa?

– Il mio obiettivo è di creare nella caserma l’atmosfera di casa. I giovani che prestano qui il servizio lasciano le loro case, i loro amici, il paese e vengono volontariamente in Vaticano. Il nostro dovere è di dare a loro qui una casa, una famiglia. Vorrei anche organizzare per loro delle gite: Italia è un bellissimo Paese pieno di luoghi di storia e di spiritualità come Assisi, Cascia, Subiaco o San Giovanni Rotondo. Voglio portarli anche in montagna.
La mia porta da Vice-Comandante era sempre aperta per tutti che volevano parlarmi, adesso anche da comandante la porta del mio ufficio rimane aperta.

„Niedziela” 18/2015

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