“Gay pride” – le marce della sfida alla società e alla Chiesa

Intervista al prof. Tommaso Scandroglio

Negli ultimi mesi in Polonia si sono svolte innumerevoli marce degli ambienti LGBT che nella patria di Papa Wojtyła vengono chiamate “Marsze równości” (Le marce dell’uguaglianza). In tutto il mondo le stesse marcie vengono chiamate parate “Gay Pride” che indica lo scopo di tali marce: ostentare l’orgoglio di essere persone omosessuali. Il termine “gay” viene usato per sottolineare che non si tratta soltanto dell’orientamento sessuale ma anche di una ideologia retrostante.
In Polonia si tenta di presentare “Le marce dell’uguaglianza” come delle iniziative spontanee della gente che pretende di non essere discriminata e lotta per i suoi legittimi diritti. Ma non è così: nel mondo intero tutte le parate “Gay pride” hanno una scenografia simile e le stesse caratteristiche che indicano la stessa, ben studiata regia con gli scopi ben precisi. Per analizzare il fenomeno mondiale di “Gay pride” ho rivolto alcune domande al professore Tommaso Scandroglio, già docente di Etica e bioetica, Filosofia del diritto e Antropologia filosofica presso l’Università Europea di Roma, autore di diversi libri sulla legge naturale, morale e bioetica.

Wlodzimierz Redzioch: Lei ha studiato il fenomeno delle parate degli omosessuali chiamate “Gay Pride”. Quali sono le caratteristiche di tali parate?

Prof. Tommaso Scandroglio: Prima di tutto lo spirito di contestazione. I gay pride risentono dello spirito delle manifestazioni del ’68 che nelle rivendicazioni di alcune istanze per certi gruppi sociali (il lavoratore, lo studente, la donna) non promuovevano tanto atteggiamenti difensivi, di tutela della categoria, bensì attaccavano coloro che venivano dipinti come nemici: il datore di lavoro/padrone per i lavoratori, i docenti/i genitori per gli studenti, il maschio/la famiglia/i figli per la donna. In modo analogo nei gay pride non si marcia tanto a favore delle persone omosessuali, ma si marcia contro: contro la Chiesa, contro coloro che sostengono che l’omosessualità è condizione disordinata, contro i partiti di destra, contro i benpensanti, etc. In breve, un’anima caratteristica dei gay pride è lo spirito antagonista, spirito che entra in contraddizione con alcuni slogan che vengono gridati in quelle stesse manifestazioni volti alla non discriminazione, all’inclusività, all’apertura al diverso. In altri termini la richiesta da parte dell’omosessualismo è quello di essere aperti, di essere accoglienti, di dialogare, ma ciò che viene da questo mondo è il contrario: ostilità, belligeranza, incapacità di dialogo.

- Perché nei cortei LGBT la gente sfila seminuda?

- Perché una delle caratteristiche di questi cortei è l’erotizzazione. I gay pride sono una sfilata di corpi seminudi (il costume da bagno va per la maggiore) essenzialmente per 5 motivi. Il primo: la provocazione. In accordo allo spirito belligerante a cui abbiamo accennato sopra, occorre provocare il nemico, spingerlo alla reazione scomposta per poi attaccarlo come bigotto, insensibile e omofobo se si azzarda a replicare. Secondo motivo: la critica. La nudità viene usata come insulto agli stereotipi, alla normalità, alla naturalità dei rapporti. Si tratta quindi di un messaggio rivoluzionario: ribaltare l’ordine voluto da Dio che ha voluto il maschio attratto dalla femmina e viceversa e in specie rovesciare il significato della castità e del pudore, non più virtù, ma tabù da abbattere, nemici della libertà individuale, vincoli alla piena espressione di sé.

- Quali sono altre caratteristiche di “Gay pride”?

- Terzo motivo per cui i gay pride sprizzano eros da ogni carro: la trasgressione. Il corpo seminudo della persona omosessuale è espressione della volontà di varcare qualsiasi limite nel campo sessuale. Il primo limite, ovviamente, è quello dell’eterosessualità. La promiscuità viene intesa come forza liberatrice delle proprie pulsioni. Quarto motivo: la fisicità versus l’interiorità. Le nudità nei pride testimoniano che il rapporto omosessuale è spesso incentrato sull’eros, e la dimensione affettiva (che ovviamente è disordinata anche lei perché proviene dall’orientamento omosessuale anch’esso disordinato come insegna il Catechismo) è aspetto accessorio. È la fisicità ad essere spesso la molla del rapporto omosessuale. Quinto motivo: il narcisismo. Per alcuni partecipanti i gay pride possono essere un palcoscenico dove mostrarsi nella speranza di essere notati e apprezzati.

- La parate “Gay pride” vengono organizzate dappertutto e in modo capillare anche nei Paesi e luoghi dove le persone con le tendenze omossessuali sono pochissime come se si volesse “imporre” alle società l’argomento “omosessualità”, abituare la gente a tale fenomeno…

- Questo è vero perché uno degli scopi dei “Gay pride” è quello di contribuire a rendere “normale” il fenomeno dell’omosessualità e della transessualità nella coscienza collettiva, a farle assorbire nelle menti dei più, ad immunizzare il signor Rossi da innati impulsi critici. La diffusione mondiale e capillare dei “Gay pride” lo hanno fatto diventare un fenomeno di costume nemmeno più tanto scabroso, in questo ovviamente aiutati da tante altre attività volte a normalizzare l’omosessualità. Storicamente i gay pride sono stati la prima iniziativa pubblica tesa a rendere accettabile l’omosessualità nella società civile.

- In Polonia le marce “Gay pride” sono state accompagnate dai gesti blasfemi. In tutte le parate si prendono di mira i sacerdoti, le suore, la Chiesa. Come mai?

- Tra le caratteristiche dei “Gay pride” spiccano il carattere blasfemo e la carica dissacratoria nei confronti della Chiesa e dello spirito religioso. Prima accennavo all’elemento antagonista dei gay pride. In accordo a tale fattore, il primo nemico da abbattere è la Chiesa. Ecco perché tante volgarità, insulti e rappresentazioni blasfeme contro Dio, la Santissima Vergine e i santi. In questi gesti carichi di violenza appare evidente non solo l’intento dissacratorio quanto il vero e proprio odio al sacro, quasi che la Chiesa e i santi fossero un monito alla coscienza di queste persone.

- Nella maggioranza dei Paesi ci sono le leggi che puniscono la bestemmia e il vilipendio della religione che vengono trattati come reati. Perché nessuno punisce tali reati che vengono commessi degli omosessuali, mentre vengono perseguitate le persone che si oppongono alle marce “Gay pride”?

- Chi si azzarda a criticare le espressioni blasfeme che vengono usate durante i Gay Pride passa per essere omofobo, illiberale, reo di assumere atteggiamenti discriminatori, medioevale perché vorrebbe censurare la libertà di espressione. Di contro chi insulta il sentimento religioso di un intero popolo sta esercitando solo il diritto di parola. Quindi due pesi due misure: se un gay insulta la Madonna tale insulto è espressione della libertà di parola, se un credente critica un gay che insulta la Madonna meriterebbe di andare in carcere per diffamazione. Questo è il risultato di una campagna culturale massificante che ha cambiato la percezione collettiva sul fenomeno “omosessualità” facendo credere al popolino, da una parte, che gli attivisti gay siano sempre delle vittime da tutelare anche nelle loro colorite e volgari manifestazioni di pensiero e, su altro fronte, che il cattolico sia sempre carnefice e che dunque si meriti di essere privato della libertà di parola, togliendogli così l’occasione di discriminare. Questa disparità di trattamento, realmente una discriminazione al contrario, così concepita dalla massa ha influenzato poi i giudici, i quali su questi argomenti si allineano supini al mainstream.

- Sul sito Gayly Planet si può leggere: “Anche se i pride sono divertentissimi e si balla fino allo sfinimento, rimangono manifestazioni politiche per lottare a favore dell’uguaglianza e dei diritti della comunità LGBTQ. Che sia una scritta su una maglietta, uno zaino o un semplice cartello, prova a portare un messaggio, anche semplice”. Allora i “Gay pride” sono una forma di lotta politica?

- Secondo gli ideologi LGBT la militanza politica è imprescindibile per un vero gay. L’omosessualità non può essere relegata alla sfera privata, ma deve diventare un’istanza politica, deve avere una dimensione pubblica, quindi si deve trasformare in battaglia per i diritti civili, in leggi, in finanziamenti pubblici, etc.

- Allora se dietro i “Gay pride” c’è una precisa ideologia, ognuno ha il diritto di criticare tale ideologia come qualsiasi altra?

- Gli attivisti gay non dovrebbero indignarsi se qualcuno critica le loro iniziative. Infatti la critica, la contestazione, la disapprovazione sono sempre stati i cavalli di battaglia del movimento omosessualista. Anche in questo caso non si comprende perché una regola del gioco valida per una squadra in campo non debba valere anche per l’altra squadra.

- Il Catechismo della Chiesa cattolica dice: “Appoggiandosi sulla Sacra Scrittura, che presenta le relazioni omosessuali come gravi depravazioni, la Tradizione ha sempre dichiarato che ‘gli atti di omosessualità sono intrinsecamente disordinati’. Sono contrari alla legge naturale” (2357). E allo stesso tempo sottolinea che le persone omosessuali “devono essere accolti con rispetto, compassione, delicatezza. A loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione” (2358). Questo vuol dire che si può ipotizzare una giusta discriminazione?

- La natura dell’uomo è un ordo, cioè un insieme di inclinazioni che tendono verso alcuni fini. Il disordine intrinseco di questa tendenza significa che, al di là delle motivazioni soggettive e circostanze, l’orientamento in sé contraddice l’ordo naturale, che nello specifico porta il maschio ad essere attratto dalla femmina e viceversa. Il non discriminare è per il Catechismo il primo passo per aiutare queste persone a vincersi. Però lo stesso Catechismo, nel numero da lei citato, precisa che occorre evitare “ogni marchio di ingiusta discriminazione”. Ergo ci può essere una giusta discriminazione. Infatti la Congregazione per la Dottrina della Fede nel 1992 ha emanato il documento “Alcune considerazioni concernenti la risposta a proposte di legge sulla non discriminazione delle persone omosessuali”, in cui si legge: «Vi sono ambiti nei quali non è ingiusta discriminazione tener conto della tendenza sessuale: per esempio nella collocazione di bambini per adozione o affido, nell’assunzione di insegnanti o allenatori di atletica, e nel servizio militare» (11). Questo perché la tendenza omosessuale può essere in contrasto oggettivo con il bene dei più piccoli o degli scolari privi ancora di adeguati filtri critici o di coloro i quali, come i militari, vivono in una condizione di forte subordinazione ai superiori. In questa prospettiva “discriminare” recupera la sua accezione originaria, cioè esprime l’azione di distinguere, rilevare differenze tra distinti soggetti perché oggettivamente differenti tra loro pur conservando medesima dignità naturale.

- La lobby mondiale LBGT vuole “costringere” la Chiesa a cambiare l’insegnamento circa i comportamenti omosessuali. Quali metodi usa per arrivare a questo scopo?

- Tra le molte strategie ne possiamo indicare tre. La prima: il ricatto. Nella Chiesa, come ha ammesso lo stesso Santo Padre, esistono lobby gay e sono molto potenti. Uno strumento per far avanzare all’interno della Chiesa le proprie istanze è il ricatto. Se l’alto prelato, il direttore di un seminario, il presidente di qualche organismo pontificio hanno uno scheletro nell’armadio ecco che quello scheletro diventa moneta di scambio: la lobby gay promette di non far venire allo scoperto nulla di ciò che è venuto a conoscenza e il prelato, il direttore etc. in cambio dovranno mostrarsi gay friendly. Seconda strategia: far credere che la maggior parte dei sacerdoti è omosessuale. E’ una strategia promossa anche nel libro Sodoma del sociologo e attivista gay Frédéric Martel il quale sostiene che se l’omosessualità è così diffusa nella Chiesa allora occorre normalizzarla, occorre accettare l’omosessualità come naturale variante dell’orientamento sessuale. Infine, e arriviamo alla terza strategia sempre presente nel testo di Martel, è necessario dipingere gli omofobi, neologismo partorito dalla teoria gender, come omosessuali latenti. Dunque chi critica l’omosessualità è in realtà lui stesso omosessuale anche se non lo sa. Un trucchetto questo che da una parte potrebbe costringere qualcuno a tacere per evitare di essere sospettato di omosessualità e su altro fronte farebbe passare, a livello mediatico, il fronte conservatore come un manipolo di bigotti ipocriti.

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