SPERIAMO CHE SARA’ RIPRISTINATA LA TRADIZIONE MONASTICA CATTOLICA NEL DESERTO EGIZIANO

WŁODZIMIERZ RĘDZIOCH PARLA SUA BEATITUDINE ANTONIOS NAGUIB, PATRIARCA DI ALESSANDRIA DEI COPTI CATTOLICI

Włodzimierz Rędzioch: - Quando si parla dell’Egitto, la maggior parte della gente pensa ad un Paese islamico perché troppo spesso si dimentica che in quel Paese vive un’importante minoranza cristiana e che le sue radici sono anche cristiani. Posiamo parlarne?

Patriarca Antonios Naguib: - Il cristianesimo in Egitto apparve nel I secolo. Già nel giorno della Pentecoste a Gerusalemme furono presenti i primi credenti Egiziani, i quali tornati in Egitto sicuramente formarono le prime comunità cristiane. La tradizione dice che il mio Paese fu evangelizzato da San Marco Evangelista. Allora il cristianesimo si sviluppava già nei tempi romani e nel IV secolo, quando la Chiesa divenne libera dopo l’Editto di Costantino, fu molto fiorente tanto che si costituì il Patriarcato di Alessandria e molte diocesi. Ma bisogna ricordare anche la ricchissima la vita monastica: il deserto fu popolato prima da eremiti (anacoreti), come san Paolo primo eremita, che facevano vita solitaria, poi da cenobiti che invece vivevano in comunità (il primo capo della comunità di anacoreti fu sant’Antonio abate). Si può dire che tra il IV e il VII secolo quasi tutto l’Egitto era cristiano. Al centro della vita religiosa c’era il Patriarcato di Alessandria e la famosa Scuola di Alessandria. Con l’invasione dell’islam, il cristianesimo in Egitto cominciò a perdere terreno. L’oppressione musulmana causò moltissimi martiri ed anche le conversioni dei cristiani all’islam.

- Quali furono i legami del Patriarcato di Alessandria con le altre Chiese?

- Nel 451, durante il Concilio di Calcedonia, che stabilì il dogma della duplice natura di Cristo, si verificò la rottura della Chiesa di Alessandria con il resto della Chiesa Universale (la Chiesa di Alessandria insisteva su una sola natura di Cristo). Bisogna dire che dietro questa rottura ci furono anche ragioni politiche. Questa rottura ha causato il ripiegamento su se stessa della Chiesa di Alessandria. Ma va pure detto che malgrado questa divisione la presenza dei cattolici in Egitto non è mai cessata: un piccolo gruppo dei cristiani rimase fedele all’insegnamento del Concilio di Calcedonia (i Melchiti), anche se è sparita la loro gerarchia. Ovviamente ad Alessandria rimase soltanto il patriarca ortodosso. Nel XIII secolo arrivò in Egitto san Francesco che fece visita al sultano ed ottenne il permesso per i suoi frati di occuparsi di cristiani cattolici del Medio Oriente. Grazie alla missione dei francescani la comunità cattolica cresceva nei secoli e nel XVII secolo il papa nominò un Amministratore Apostolico per l’Egitto e nel 1890 fu eretto il Patriarcato Cattolico Copto con la sede ad Alessandria. Io sono il quinto Patriarca Copto-Cattolico di Alessandria.

- Potrebbe spiegare l’etimologia della parola “copto”?

- La parola “copto” nell’antica lingua voleva dire semplicemente “egiziano”. Quando gli Arabi musulmani conquistarono l’Egitto, chiamarono gli abitanti del Paese “copti”: siccome quasi tutti erano cristiani, questa parola divenne sinonimo di cristiano e d’allora i cristiani egiziani vengono chiamati copti.

- Quanti cristiani vivono attualmente in Egitto?

- La popolazione egiziana conta circa 80 milioni. Il numero di cristiani è tra i 6 e gli 8 milioni: la maggioranza assoluta sono i copti ortodossi. Noi, cattolici, siamo circa 220 mila, lo stesso numero degli anglicani. I copti cattolici sono sparsi in tutto il Paese: abbiamo sette diocesi e la diocesi patriarcale. In Egitto ci sono altre sei Chiese cattoliche: latina, greco-melchita, armena, maronita, siriaca e caldea.

- Come sono le relazioni tra la maggioranza dei copti ortodossi e voi, copti cattolici?

- Le relazioni personali sono ottime, ma si tratta dei contatti di circostanza, principalmente nelle occasioni delle festività maggiori. Con i capi ortodossi siamo in rapporti di amicizia. Io, personalmente, sono legato d’amicizia profonda col Papa Shenuda III, capo della Chiesa Copto Ortodossa (i copti chiamano il loro capo: “papa”, come noi cattolici). Ma, per dire la verità, nelle nostre Chiese non ci sono gli organismi predisposti per il dialogo ufficiale. Allora possiamo dire che c’è il dialogo “della vita”, ma non il dialogo teologico strutturato. Questo invece si svolge tramite la Santa Sede. Nel Consiglio per l’Unità dei Cristiani c’è la commissione di dialogo con la Chiesa Copto-Ortodossa. In questa commissione c’è un rappresentante della nostra Chiesa nella persona di un vescovo copto-cattolico.

- L’Egitto è ritenuto un Paese democratico e filo-occidentale, che tiene a bada i fondamentalisti musulmani. Purtroppo, dall’Egitto vengono preoccupanti notizie circa gli atti d’intolleranza, se non di vera e propria persecuzione, verso i cristiani. In Europa seguiamo con inquietudine le vicende del sig. Hegazi - un musulmano egiziano convertitosi al cristianesimo - che è diventato oggetto di vessazioni. Il suo caso dimostra i limiti della libertà religiosa in Egitto e l’ossessione dei musulmani riguardante la conversione dall’islam. Cosa può dirci a questo proposito?

- Ufficialmente in Egitto la libertà religiosa è garantita dalla Costituzione e dalla legge. L’anno scorso è stata fatta una modifica alla Costituzione che assicura il diritto di cittadinanza a tutti, indipendentemente dalla religione; si garantisce a tutti anche il diritto di culto. D’altra parte, la stessa Costituzione dice che l’islam è la religione di stato, allora afferma che lo stesso stato ha un rapporto speciale con l’islam. Si può perciò dire che ai cristiani viene assicurato il diritto di culto dentro la propria Chiesa, ma non il diritto di evangelizzare.
Per quanto riguarda i casi di persecuzione, essi sono legati all’attività dei gruppi estremisti islamici. Questi gruppi sono pericolosi non soltanto per i cristiani, ma anche per i musulmani moderati e creano parecchi problemi per il governo: questa è la realtà di tanti Paesi islamici. Ogni tanto succede che gli estremisti cercano provocazioni per creare tensioni interreligiose. Bisogna ricordare che i fondamentalisti hanno assassinato anche gli intellettuali musulmani che cercano la lettura critica del Corano. Questi estremisti sono chiusi all’approccio intellettuale verso la religione. Per loro, l’insegnamento di Benedetto XVI, che parla di fede e ragione, è una provocazione. Concludendo, si può constatare che in Egitto esiste il diritto di culto, ma non la libertà di coscienza, cioè non è facile cambiare la religione secondo la propria coscienza. Secondo la tradizione islamica, abbandonare l’islam e cambiare la religione è un’apostasia soggetta alla punizione.

- All’inizio della nostra conversazione parlavamo della storia del cristianesimo in Egitto, che è legata al fenomeno del monachesimo. Il monachesimo è nato proprio qui, nel deserto egiziano con i santi monaci: Antonio, Paolo, Macario e Pacomio. La tradizione monastica in Egitto è ancora viva?

- In Egitto da circa 50 anni si sta verificando un rinascimento del monachesimo che riguarda la Chiesa Copta-ortodosa. Dopo gli anni di decadenza, gli antichi monasteri del IV secolo sono stati ristrutturati e sono diventati dei centri di vita spirituale ed anche culturale. La nuova generazione di monaci è una vera elite della Chiesa Copto-ortodossa.

- Non ci sono monaci copti cattolici?

- Uno dei miei sacerdoti ha tentato di creare un centro di vita monastica, ma non ha avuto seguaci. A Roma ho visitato i monaci polacchi che portano il nome di San Paolo, primo eremita: questo mi ha fatto pensare che sarebbe una cosa meravigliosa, se qualche ordine fondasse una vera comunità monastica in Egitto per ripristinare la tradizione monastica cattolica in questa culla del monachesimo.

- Speriamo che il suo appello sarà ascoltato da qualche ordine ed avremo una comunità monastica cattolica nel deserto egiziano.

"Niedziela" 3/2008

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