L’umanità del bene, è il futuro dell’Europa

Redazione Frammenti di Pace, www.frammentidipace.it

Dove deve volgere lo sguardo l’Europa? a Oriente o a Occidente? Dentro di sé, alla sua storia, alla sua tradizione o al suo passato?

A queste domande ha cercato di rispondere la Prof.ssa Elisa Grimi, dell’European Society for Moral Philosophy, nel corso del convegno “L’Europa Christi” Aprite le porte a Christo” che si è svolto Domenica 22 ottobre all’Università Cardinale Stefan Wyszyński di Varsavia,

Ha detto la Grimi:

“Zygmunt Bauman in “Le sfide dell’etica” afferma che è nel confronto radicale con se stesso e con i propri desideri che l’uomo scopre la fondamentale ambivalenza del proprio cuore, eternamente diviso tra un egoismo trainante e un’empatia insopprimibile verso il prossimo; se ne conclude che l’etica è qualcosa di inestirpabile nel soggetto, che viene prima di ogni fondazione logica: “la responsabilità morale è la prima realtà dell’Io”, afferma il sociologo polacco, che affronta il tema in relazione agli odierni sviluppi della società, in particolare quello della tecnologia e del rischio che essa comporta.

Mi chiedo tuttavia se l’uomo contemporaneo disponga ancora di una simile onestà intellettuale e se oggiuna evidenza etica efficace possa venire riconosciuta. Il criterio della ragione che per primo impone di riconoscere come sua guida i fatti evidenti del senso esterno quanto del senso interno, non vengono oggi più degnati di attenzione.

La ragione conferisce il primato non più alla adeguazione dell’intelletto con l’oggetto, ma dell’intelletto con la convenienza imposta. Il fatto reale è il fatto che conviene, non il fatto oggettivo che si presenta nella realtà.

Questa mentalità svuota il soggetto della responsabilità che gli si impone nel momento conoscitivo e gli fa assaporare una apparente libertà relegandolo alla peggior schiavitù, vale a dire un modello sociale costruito su realtà fittizie e destinato a crollare.

Questa logica, di cui la cultura occidentale è intrisa, è ciò che chiamo la banalità del bene, ciò che giustifica e incentiva manifestazioni ed eventi dal motto love is love. L’evidenza etica efficace di cui si nutre attimo dopo attimo la società mondializzata consiste di un bene generico, anonimo, vago, e pertanto universale.

Viviamo l’epoca di una universalità vergine, austera, intonsa, in cui anche il soggetto che ne gode deve essere generico, non definito dalla realtà naturale. Ne segue che la giustizia che deve per definizione ancorarsi a tale universalità trova il suo padrone non nella costituzione dell’individuo ma nel potere che lo definisce.

É di sole poche ore la notizia di Jerry Brown, governatore democratico della California, circa la decisione di introdurre il “genere neutro” all’atto di nascita e il permesso dell’identificazione come persona “non binaria” o “neutra”.

Ricordo che l’introduzione del concetto “sesso neutro” o “terzo sesso” sui documenti d’identità è già avvenuta per Australia, Canada, Germania, India, Nuova Zelanda, Pakistan, Thailandia, Gran Bretagna.

Il problema dell’Europa resta dunque di sapere dove volgere lo sguardo? Se a Oriente o a Occidente? Se dentro di sé, alla sua storia, alla sua tradizione, al suo passato?

Questi sono tutti intenti nobili ma non risolutivi. Occorrerebbe invece forse guardare al pensiero che ha fatto l’Europa, che l’ha caratterizzata, e prendere coscienza della necessità di una filosofia cristiana.

Un problema non di etica e neppure di confini, ma di pensiero, della consapevolezza di ciò che rende l’uomo uomo, vale a dire – per dirla con la Arendt – della capacità di pensare.

Solamente con questa coscienza, con la coscienza del pensiero europeo, cioè con la coscienza di un pensiero cristiano, quello che ha disegnato l’architettura delle città d’Europa è possibile proporre un’etica e il rispetto di diritti umani con la loro pretesa di universalità”.

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