Dziwisz: "L’Europa ha bisogno di un nuovo patrono, san Giovanni Paolo II"

Włodzimierz Rędzioch

- Nessuno più nega che l’Unione Europea si trova in un momento di crisi e che bisogna ripensare la costruzione europea. La Chiesa vuole dare un’importante contributo nella discussione sul futuro del nostro continente: dal 27 al 29 ottobre in Vaticano si svolgerà un incontro intitolato “(Re)Thinking Europe. A Christian contribution to the future of the European Project”, organizzato della Santa Sede e COMECE con la partecipazione di circa 350 delegati di 28 Paesi dell’UE tra cui politici, cardinali, vescovi, sacerdoti, ambasciatori e rappresentanti delle organizzazioni e movimenti cristiani. Il 28 ottobre interverrà anche Papa Francesco.

L’iniziativa della Santa Sede s’inserisce in una serie di altre iniziative del genere. Due settimane prima della riunione in Vaticano, il 12 ottobre, presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma si è tenuta una conferenza internazionale intitolata "Valori europei oggi". Il suo obiettivo era quello di riflettere sul futuro dell'Europa nel contesto dei suoi valori fondanti, poiché – secondo i suoi ideatori - la rinnovata Unione Europea dovrebbe essere una comunità di civiltà con radici identitarie e fondamenti assiologici ben definite. La conferenza è stata organizzata dall'Ambasciata della Repubblica di Polonia presso la Santa Sede in collaborazione con altre Ambasciate europee. L’Ambasciatore della Polonia, Janusz Kotański, ha sottolineato nel suo discorso di benvenuto che lo scopo della riunione di tanti relatori, venuti da vari Paesi e che rappresentavano varie discipline della scienza, era "riflettere sulla dimensione assiologica della costruzione europea come componente importante della condizione del nostro continente". Un altro argomento di discussione è stato quello di valutare se l’Unione Europea abbia mantenuto agli ideali dei suoi Padri Fondatori: Konrad Adenauer, Alcide de Gasperi, Jean Monnet, Robert Schuman, che "volevano principalmente un'Europa basata sui valori cristiani e priva di guerre e violenze". All’inizio sono intervenuti i rappresentanti della Santa Sede: S.E. Mons. Paul Richard Gallagher, Segretario per i Rapporti con gli Stati, e S. Em. Card. Peter Turkson, Prefetto del Dicastero per il servizio dello Sviluppo Umano Integrale. Seguivano quattro sessioni di discussioni moderate successivamente dagli Ambasciatori presso la Santa Sede della Polonia (Janusz Kotański), della Slovenia (Tomaž Kunstelj), della Slovacchia (Peter Sopko) e della Repubblica Ceca (Pavel Vošalík). Durante la Conferenza è emerso un caso particolare della Polonia che non segue i due consolidati “miti” secondo cui il progresso economico del Paese deve essere accompagnato dal processo di secolarizzazione e l’affermazione dell’identità nazionale causa la disaffezione verso l’Unione Europea. Invece in Polonia la costante crescita economica non ha influito significativamente sulla fede e sentimenti religiosi della popolazione e l’attaccamento alla propria identità nazionale si collega con l’appoggio all’UE espressa dal 70 % della popolazione. Le conclusioni della conferenza le ha tratte l’Ambasciatore dell’Unione Europea presso la Santa Sede, Jan Tombiński. I lavori della conferenza saranno disponibili in una pubblicazione elettronica.

Invece in questi giorni, dal 19 al 23 ottobre, si svolge in Polonia, a Czestochowa, Lodz e Varsavia, il congresso del movimento “Europa Christi”. Tale movimento è nato l’anno scorso a Czestochowa durante un’informale riunione di vari esponenti della Chiesa polacca e rappresentanti del laicato cattolico nella redazione del settimanale “Niedziela”, uno delle più diffuse riviste polacche, come riflessione e reazione all’uscita della Gran Bretagna dall’UE. La Brexit ha dimostrato palesemente che non si può continuare a costruire L’Unione Europea che viene percepita come estranea dai suoi cittadini e che bisogna ripensare di nuovo la costruzione europea. In questa fase nuova non doveva mancare il contributo dei cattolici che dovrebbero organizzarsi per dare voce alle loro istanze. Così, dall’intuizione dell’ex redattore capo del settimanale “Niedziela”, mons. Ireneusz Skubis, è nato il movimento, “Europa Christi”, che si è allargato agli altri Paesi europei.

Durante i lavori del congresso, il 20 ottobre, ha preso la parola il card. Stanisław Dziwisz, arcivescovo emerito di Cracovia. Nel suo discorso l’ex segretario di Giovanni Paolo II ha ricordato il rapporto tra il Papa venuto dalla Polonia e l’Europa “nella quale è nato e si è formato e la quale, tramite il suo servizio di pastore, costruiva fino alla morte”. Il Cardinale ha ricordato la visione dell'Europa di Giovanni Paolo II: “Per lui il primo elemento della costruzione della sua unità era la pedagogia del perdono. Due guerre mondiali, che si sono svolte principalmente in questo continente, hanno causato molto danno. Oggi ci sono molte ferite in Europa e i tempi moderni provocano nuovi danni. La pedagogia del perdono è così importante perché l'uomo che perdona e chiede il perdono capisce che c'è una Verità più grande di lui e che accettandola può superare se stesso. Non esiste un'Europa senza perdono e riconciliazione, senza risolvere i problemi del passato. La tesi di alcuni politici europei che sostengono che i problemi del passato dovrebbero essere lasciati alla storia per concentrarsi sul presente e sul futuro è sbagliato”. Perciò “dopo anni di conflitti e guerre, gli europei devono trovare un modo per creare una nuova unità, che, essendo lontana da qualsiasi forma di unificazione, valorizzerà e integrerà le ricchezze delle sue diversità. Il presupposto per formare il presente e il futuro ottimistico del continente è, accanto alla pedagogia del perdono, la scoperta e la conferma della propria identità”. E l’identità viene determinata “non solo dalla memoria del proprio passato, ma anche dai punti di riferimento duraturi e sempre attuali. Nella sfera nazionale si tratta dei valori religiosi e morali, ma anche valori simbolici”.

Il segretario di Giovanni Paolo II ha sottolineato che il Papa “è stato un sostenitore dell’Europa delle Patrie e non dell'Europa come stato federale”. Tale l'Unione Europea dovrebbe salvaguardare “lo sviluppo personale degli uomini e non imporre alle persone un poco chiaro progetto dello sviluppo dell'Europa”. Come valori europei il Papa ripetutamente indicava: “la dignità della persona, la santità della vita umana, la posizione centrale della famiglia basata sul matrimonio, l'importanza dell'educazione, la libertà del pensiero e la libertà religiosa, la protezione dei diritti degli individui e dei gruppi sociali, il lavoro percepito come bene sociale e personale, l’esercizio del potere politico inteso come servizio”. Tali valori sono importantissimi perché, come avvertiva Giovanni Paolo II “la democrazia senza valori, prima o poi, si trasforma in totalitarismo evidente o camuffato”.

Il card. Dziwisz ha ricordato il ruolo del Papa nello sviluppo dell'Europa, sottolineando il suo contribuito al rovesciamento del comunismo nel nostro continente: “Nessuno può negare che Giovanni Paolo II ha contribuito alle trasformazioni epocali in Germania e in Europa”.

Ma l’argomento più sorprendente che è stato toccato nel discorso del card. Dziwisz riguarda la proclamazione di san Giovanni Paolo II, patrono del nostro continente. Il Cardinale ha spiegato che “l'Europa che si trova ad affrontare le sfide difficili: la crisi ideologica, il crollo demografico, l’indebolimento della funzione naturale della famiglia, il problema della migrazione, che richiedono prudenza e decisioni lungimiranti, ha bisogno di aiuto dal cielo e dell'esempio di santi, perché da sola non può rispondere a tali sfide. E non c’è un santo più contemporaneo che comprende meglio il nostro tempo come Giovanni Paolo II”.

Sappiamo che durante il Concilio Vaticano II Paolo VI ha proclamato patrono d'Europa san Benedetto da Norcia. Invece Giovanni Paolo II, convinto che l'Europa avesse bisogno di sostegno dall’alto, proclamò altri cinque santi patroni: Cirillo e Metodio, Caterina da Siena, Brigida svedese e suor Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein). Toccherà ora a lui stesso ad intercedere dal cielo per il nostro continente come il nuovo patrono d’Europa?

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