L’8 MARZO VISTO DA UNA FEMMINISTA CATTOLICA

INTERVISTA CON LUCETTA SCARAFFIA, PROFESORESSA DI STORIA CONTEMPORANEA ALL’UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” DI ROMA

Włodzimierz Rędzioch: - La data dell’8 marzo ricorda a tutti la lotta delle donne per la propria emancipazione, ma non tutti sanno che il movimento femminista ha anche antiche radici cattoliche. Potrebbe dirci qual cosa sulla storia delle organizzazioni cattoliche che già alla fine dell’800 e all’inizio del 900 furono impegnate nella lotta per i diritti delle donne?

Prof. Lucetta Scaraffia: - Il mondo cattolico già nell’800 si è impegnato nella lotta per la dignità della donna, per l’accesso agli studi, per ilriconoscimento del suo ruolo educativo. In quel periodo gli uomini delle classi borghesi hanno lasciato la religione, quindi la trasmissione della tradizione religiosa avveniva tramite la madre. C’è stato pertanto un grande appoggio alle donne come educatrici, tanto che la Chiesa ha accettato questo ruolo della donna prima della società laica. In seguito, tra la fine dell’800 e l’inizio del 900, sono nati movimenti femministi cattolici che si occupavano delle operaie, per contrastare l’influenza dei socialisti sulla classe operaia. Questi movimenti aiutavano le donne a contrattare il salario e a combattere per migliorare le loro condizioni di lavoro, mantenendosi fedeli alla scelta religiosa.

- Il femminismo che è più “visibile” è quello nato negli anni 60-70 in seguito alla rivoluzione sessuale negli Stati Uniti e a quella studentesca del 68. E’ un femminismo antimaschio (l’uomo visto come nemico), antimatrimonio (matrimonio, luogo di schiavitù per la donna), antimaternità (gravidanza come condanna che causa svilimento del corpo femminile; figli che sono ostacoli nella realizzazione di se stessa). Qual era l’impatto di questa nuova ideologia femminista sulla vita delle società occidentali?

- L’impatto è stato quello di realizzare un tipo di emancipazione femminile che si è affermato adagiandosi sul ruolo maschile, insomma trasformando le donne in uomini. Le donne si sono emancipate, abbandonando le loro caratteristiche specifiche e diventando sempre più simili agli uomini, fino a cancellare la maternità (c’è stato un calo delle nascite molto forte che si può ricondurre a questo atteggiamento). Nei riguardi degli uomini si è sviluppato un rapporto non complementare, come succede tra le persone che svolgono due ruoli diversi, ma competitivo.

- Come mai il femminismo, che proclamava la difesa della donna, si è trasformato in libertinismo che giustificava la promiscuità, l’adulterio, l’omosessualità?

- Il femminismo veicolava un tipo di libera sessualità per tutti, per cui le donne, grazie al contraccettivo chimico che si è diffuso alla fine degli anni 60, hanno potuto comportarsi come gli uomini. Da allora la vita sessuale che prima era condizionata in qualche modo dalla riproduzione, si è sganciata da essa. Da questo momento, infatti, le donne, come gli uomini, potevano avere una vita sessuale assolutamente libera. Questo è stato considerato l’ampliamento delle libertà delle donne, un raggiungimento della felicità, come se avere la libertà sessuale garantisse la felicità. Mentre per le donne avere un comportamento sessuale “maschile” non significa felicità, perché hanno altre esigenze: le donne hanno bisogno di un rapporto affettivo con l’uomo e invece in questo modo rischiano di rimanerne prive. Rischiano di avere una vita con molto sesso, ma allo stesso tempo di grande solitudine affettiva, che le donne patiscono tanto.

- Il grande problema dell’aborto ha diviso il movimento femminista dal mondo cattolico…

- Le donne cattoliche si sono ribellate all’idea di considerare l’aborto un loro diritto, come invece chiedevano i movimenti femministi per cui la cittadinanza femminile si fondava sul diritto all’aborto.

- Il nuovo femminismo radicale promuove adesso una nuova ideologia (una nuova visione antropologica dell’uomo) legata al concetto di “genere” (gender), secondo cui la differenza corporea, biologica, chiamata sesso, è trascurabile e va sostituita con il concetto “gender” appunto, che ha dimensione culturale e sociale. L’ideologia promuove il modello della sessualità “poliforme” dove la scelta del genere (non più sesso) dipende dall’opzione o dal capriccio individuale. Perché la Chiesa ritiene questa nuova ideologia tanto pericolosa?

- Perché l’ideologia “gender” è una delle ideologie più bugiarde che si siano mai formate. In nome dell’uguaglianza (questo è stato anche alla base dell’ideologia comunista), in nome dell’utopia, che se siamo uguali, saremo felici: qui l’uguaglianza arriva persino a cancellare le differenze biologiche tra uomini e donne per dire che si è tutti uguali. Quindi ognuno può scegliere se fare l’uomo o la donna, o farli tutti e due. Questa uguaglianza dovrebbe dare la felicità agli esseri umani. E’ chiarissimo che questa ideologia non ha nessun rapporto con la natura ne con la vita delle persone. Essa è pericolosissima perché non riconosce la realtà e come tutte ideologie di questo tipo può tramutarsi in un mostruoso inganno per gli esseri umani.

- Ma come le femministe radicali, le fautrici di questa pericolosa ideologia, che in realtà sono la minoranza delle donne, sono riuscite ad occupare i posti di rilievo nelle Nazioni Unite, nei governi, nelle organizzazioni non-governative, nelle università, nei media, condizionandone la politica e l’orientamento?

- Le femministe radicali vedono nell’ideologia “gender” la soluzione al loro problema, cioè la cancellazione della differenza femminile. Come gli omosessuali vedono nella medesima la cancellazione della loro differenza omosessuale e in questo modo pensano di raggiungere molto più facilmente quella uguaglianza che secondo loro può garantire la felicità nella vita e la tranquillità sociale. Allora si aggrappano a questa utopia che è la cancellazione di ogni differenza per raggiungere la felicità. Purtroppo, i fautori di “gender” sono diventati pericolosi gruppi di potere nel seno delle organizzazioni internazionali e sono riusciti a condizionarne le scelte, soprattutto in campo culturale ed educativo. Per esempio, le organizzazioni internazionali, in particolare l’Unione Europea, hanno destinato notevoli fondi per diffondere l’ideologia “gender”: qualsiasi progetto che conteneva la parola “gender” riceveva dei soldi. Era un modo straordinario per diffondere questa idea dovunque. Ma, siccome la maggior parte della gente che usa il termine “gender” non sa che tipo d’ideologia si nasconde dietro, è stata una diffusione inconsapevole.

- Questo vuol dire che bisogna sensibilizzare la gente a non utilizzare questo termine, perché l’uso stesso della parola implica in qualche modo l’approvazione dell’ideologia che si nasconde dietro di essa…

- Bisogna stare molto attenti. Quando le persone usano la parola “gender” dicendo: “adesso tutti la usano”, bisogna spiegare loro che l’uso di questa parola è una scelta ideologica. Non è semplicemente un modo più moderno ed elegante di definire la differenza tra maschile e femminile; non è un alternativa all’uso della parola “sesso”. Bisogna spiegare che, se la usi, aderisci all’ideologia che ci sta dietro.

- Che è caratterizzato il femminismo cattolico di oggi?

- Sul piano internazionale, il femminismo cattolico di oggi è molto attento allo sfruttamento delle donne sulla base dei cosiddetti diritti riproduttivi (in realtà i “diritti riproduttivi” vengono spesso usati per impedire alle donne di fare dei figli e comprendono l’aborto). Allora c’è la tendenza a diffondere in tutto il mondo il nostro modello dell’emancipazione delle donne (donna che non ha più figli, ne famiglia). Questo è visto malissimo nei Paesi del Terzo Mondo e le femministe cattoliche aiutano le donne di quei Paesi nell’opporsi a questo modello che viene loro imposto in cambio degli aiuti economici.
Le donne cattoliche sono anche molto attente ai problemi bioetici che si creano con lo sviluppo della scienza e della tecnologia, e che hanno a che fare con la nascita, la fecondazione, ecc.

- Potrebbe darci qualche nome più rappresentativo del femminismo cattolico?

- La norvegese Janne Haaland Matlary, la britannica Josephine Quintavalle e, sul piano dei diritti, Mary Ann Glendon.

- Grazie

"Niedziela" 14/2008

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